Gestione Affitti

Inquilino moroso anche in base al calcolo delle sue autriduzioni del canone: scatta la risoluzione

Se l'inquilino salta uno o più canoni, anche sommando gli importi soggetti ad autonoma autoriduzione, scatta autonomaticamente un inadempimento grave e la risoluzione del contratto

di Selene Pascasi

Se l'inquilino salta uno o più canoni, anche sommando gli importi soggetti ad autonoma autoriduzione, scatta autonomaticamente un inadempimento grave. In caso di locazioni di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, infatti, l'importanza dell'omissione nei pagamenti non è rimessa al giudice ma predeterminata per legge. Lo sottolinea il Tribunale di Roma con sentenza n. 16504 del 20 ottobre 2021.

E' la proprietaria di un appartamento ad aprire il caso, intimando ai conduttori lo sfratto per morosità. I mensili, via via ridotti con scritture private e proproghe contrattuali, lamenta, non erano stati onorati. Disattesi, anche gli oneri accessori. A giudizio si costituiva solo uno dei due inquilini, avendo l'altro abbandonato l'alloggio da tempo, assumendo di aver sempre corrisposto regolarmente il canone di locazione, pagando i canoni come pattuiti e ricevendo quietanza. Solo che, chiarisce, d'accordo fra le parti i ratei erano stati ridotti. Latitolare del bene precisa il suo credito e chiede emettersi ordinanza di rilascio che il giudice concede.

Esperito inutilmente il tentativo di mediazione, il Tribunale dichiara risolto per inadempimento dei conduttori il contratto di locazione confermando il rilascio dell'immobile con condanna alla corresponsione dei canoni intimati scaduti e non pagati. Al momento della proposizione dell'intimazione dello sfratto per morosità, premette, la somma veniva calcolata in base alle ricevute di pagamento del cano

Risultanze incontestate con riferimento alle quali, tra l'altro, l'intimante aveva riconosciuto errori di conteggio. Tuttavia, la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento dell'inquilino era fondata. Del resto, annota, dal contratto di locazione registrato risultava l'obbligazione di parte convenuta di corrispondere il canone nei termini espressi nell'atto introduttivo del giudizio. Era stato provato, quindi, il fatto costitutivo della pretesa azionata. Ed è principio consolidato e pacifico nella giurisprudenza di legittimità che in tema di locazioni di immobili urbani, adibiti ad uso abitativo, nel caso in cui il conduttore abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone, anche sommando gli importi soggetti ad autonoma autoriduzione, la valutazione della gravità e dell'importanza dell'inadempimento non è rimessa al vaglio discrezionale del giudice, essendo predeterminata legalmente (Cassazione 23257/2010).

In particolare, la norma di cui all'articolo 5 della Legge 392/1978 – rubricata inadempimento del conduttore – rientra tra i rimedi contro le patologie funzionali del contratto ed è disposizione speciale rispetto a quella dell'articolo 1455 del Codice civile che permette al conduttore di adempiere tardivamente senza il rischio di incorrere nella sentenza di risoluzione del contratto. Praticamente, dettandosi una presunzione assoluta di gravità dell'inadempimento, viene sottratto alla discrezionalità del giudice l'apprezzamento della non scarsa importanza dell'inadempimento.

Ciò, sempre che sussistano due presupposti oggettivi: uno di tipo quantitativo, cioè l'omesso pagamento di una rata del canone o di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità ed uno di tipo temporale ossia il protrarsi dell'inadempimento per oltre venti giorni dalla scadenza del termine convenuto o di due mesi in caso di oneri accessori. La predeterminazione legale della gravità dell'inadempimento vale, allora, anche per morosità relative ad oneri accessori. Non solo. Il pagamento delle morosità intimate dopo l'introduzione del contraddittorio non è sanante visto che la purgazione della mora successiva alla domanda di risoluzione contenuta nell'intimazione non è ostativa ad un esame della gravità del pregresso inadempimento di parte intimata nel giudizio ordinario che a tal fine prosegua dopo il pagamento dei canoni scaduti.

Unica deroga è quella dell'articolo 55 della Legge 392/1978 che consente all'inquilino di impedire unilateralmente ed a contraddittorio instaurato la risoluzione dietro pagamento del corrispettivo dovuto, unitamente agli interessi ed alle spese, entro il cosiddetto termine di grazia. Nella vicenda, però, ciò non era accaduto. Anzi, parte intimata aveva formalizzato l'opposizione per proseguire la causa e non c'è dubbio che vi sia incompatibilità logica tra l'opposizione alla convalida e la richiesta di sanatoria. Infine, l'inadempimento del conduttore aveva alterato gravemente il rapporto contrattuale poiché inerente un'obbligazione – quale il pagamento del canone – di fondamentale importanza nelle locazioni. Pagamento da cui non è permesso astenersi, né autoridurne la misura, né ritardarlo salvo che venga completamente a mancare la controprestazione ossia il pieno godimento del bene locato. E se, nella fattispecie, il conduttore aveva continuato a godere dell'alloggio tanto da indurre la proprietaria a domandarne il rilascio in corso di causa, il Tribunale di Roma non poteva che optare per la risoluzione con condanna al rilascio.

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