Gestione Affitti

Mora dell’inquilino possibile provando esistenza, ammontare e criteri di ripartizione del rimborso

È il proprietario che deve provare i fatti costitutivi del suo diritto

di Selene Pascasi

Per mettere in mora il conduttore, il proprietario deve provare i fatti costitutivi del suo diritto. Ma, a tal fine, non basterà il solo invio della richiesta prevista dalla legge per la costituzione in mora e la decorrenza del bimestre per la risoluzione, dovendosi dimostrare anche l'esistenza, l'ammontare ed i criteri di ripartizione del rimborso richiesto. A scriverlo, è il Tribunale di Roma con sentenza 16053 del 7 ottobre 2021.

I fatti
Intimata di sfratto per morosità da parte dei locatori è un'inquilina, debitrice di 4.500 e 450 euro rispettivamente a titolo di canoni non versati ed oneri condominiali. Di qui, nell'ipotesi di opposizione ed avvalendosi della clausola risolutiva inserita nel contratto, la richiesta di emissione di ordinanza di rilascio dell'immobile. Mutato il rito, e perdurante la morosità nel frattempo elevatasi a 9 mila euro, l'intimante insiste nella conferma dell'ottenuta ordinanza di rilascio e nella declaratoria di risoluzione locativa con condanna al pagamento delle somme dovute.

Controparte, formulate due eccezioni procedurali, contesta la non autografìa nella sottoscrizione del contratto prodotto e rileva come in realtà tra lei e uno dei comproprietari sussistesse un mero comodato in cambio di assistenza sanitaria assieme al contratto di locazione. E comunque, aggiunge, che un giudizio per il rilascio era stato già avviato e si era chiuso con pronuncia di rigetto. Il Tribunale, tentata inutilmente la mediazione, dispone una consulenza tecnica grafologica per la verifica delle firme e superate le questioni preliminari, accoglie la domanda.

L’esito della perizia
Dalla perizia, chiarisce, era emerso che le firme apposte dalla convenuta nel contratto di locazione erano autografe, a nulla rilevando l'eventuale risoluzione comunicata dai proprietari all'agenzia delle Entrate vista la natura di atto unilaterale improduttivo di effetti verso la conduttrice. Ancora, la stessa non aveva provato l'avvenuto pagamento della morosità intimata. Anzi, era rimasta nel possesso del bene ed aveva mancato di versare i canoni per tutto il corso del giudizio. Era palese, pertanto, sia l'obbligo contrattuale di corrispondere i mensili e sia il protratto inadempimento all'impegno assunto.

Ed è pacifico che nei contratti locativi ad uso abitativo – sia nelle azioni di adempimento, di risarcimento danni da inadempimento che in quelle di risoluzione – l'onere probatorio che spetta al creditore riguarda la dimostrazione del titolo e della scadenza delle obbligazioni pretese e l'allegazione del fatto dell'inadempimento. Sarà, poi, il debitore convenuto a dover provare fatti impeditivi, modificativi od estintivi idonei a paralizzare la domanda. Rilievi che, calati nella vicenda concreta, non potevano che sfociare nell'accoglimento della domanda di risoluzione formulata da parte locatrice. Restano fuori dalla condanna al pagamento, però, le somme richieste per oneri condominiali in relazione alle quali non era stata acquisita alcuna prova inerente l'eventuale avvenuta anticipazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©