Gestione Affitti

Pendente la convalida di sfratto, il locatore può chiedere il pagamento dei canoni pregressi

Non è obbligato a rinegoziarli neppure se l’attività dell’inquilino era stata bloccata dalla pandemia

di Selene Pascasi

Nel procedimento per convalida di sfratto, con l'opposizione dell'intimato si conclude la fase a carattere sommaria e se ne apre una nuova ed autonoma a cognizione piena per cui il locatore può, con memoria, chiedere il pagamento dei canoni pregressi non ancora domandati. Lo scrive il Tribunale di Palermo, con sentenza 2435 del 9 giugno 2021.

La vicenda
È un proprietario ad accendere la lite citando in causa il conduttore dell'immobile locatogli per uso non abitativo per un canone via via crescente in considerazione dei lavori di ristrutturazione che l'inquilino si impegnava ad eseguire. Questi, tuttavia, si era reso moroso nel pagamento di due bimestri e dell'imposta annuale di registro. Non aveva, poi, provato di aver versato l'assicurazione per responsabilità civile e vani erano risultati i bonari inviti all'adempimento.

Di qui, la richiesta di convalida dello sfratto per morosità con condanna al rilascio. Controparte si difende: la morosità era motivata dal fatto che, per via delle misure di contenimento dovute all'emergenza Covid, aveva dovuto ridurre la sua attività di ristorazione. Anzi, era il locatore ad aver violato i doveri di buona fede non essendo addivenuto ad un accordo volto al rientro della morosità tanto che potevano dirsi sopraggiunte sia l'eccessiva onerosità che l'impossibilità parziale della prestazione.

Il ragionamento della Corte
Mutato il rito, il Tribunale rileva intanto che la morosità da valutare ai fini dell'eventuale risoluzione per grave inadempimento del conduttore è quella relativa ai tre bimestri cristallizzati nella memoria integrativa depositata dal ricorrente, oltre al ritardo nell'assolvere l'imposta di registro. Marca, in questo modo, l'ammissibilità della domanda volta ad ottenere la condanna ai canoni insoluti ed introdotta per la prima volta con memoria integrativa.

Nel procedimento per convalida di sfratto, puntualizza, l'opposizione dell'intimato determina la conclusione di un procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di una nuova fase, autonoma ed a cognizione piena sicché è consentito al locatore, con memoria, chiedere il pagamento dei canoni pregressi non dedotti nell'intimazione (Cassazione, 7430/2017). Ciò precisato, e circa l'inadempimento conseguente alla pandemia – che ha ispirato l'articolo 91 del Dl 18/20 facendo sì che il rispetto delle misure di contenimento sia sempre valutato ai fini dell'esclusione della responsabilità del debitore anche per decadenze o penali da ritardati od omessi adempimenti – sottolinea che si tratta di una regola che limita il libero convincimento del giudice qualificando il rispetto delle misure come causa di esclusione di responsabilità soggettiva e quindi ipotesi di impossibilità oggettiva sopravvenuta.

Il ricorso all’impossibilità sopravvenuta
Ma tale circostanza eccezionale, prosegue, impone di indagare i rimedi previsti dall'ordinamento per fronteggiare le derive economiche dovute all'impossibilità di adempiere agli impegni commerciali. Ebbene, nella vicenda, il conduttore non aveva interesse a sciogliere il contratto (recesso lecito vista le gravità degli effetti della pandemia sulle attività commerciali colpite dalle restrizioni) ma occorreva capire se poter ricorrere all'impossibilità sopravvenuta. Del resto, mentre l'impossibilità sopravvenuta definitiva estingue l'obbligazione, la temporanea provoca la possibilità che possa eseguirsi appena possibile, salva la mancanza di interesse del creditore a conseguirla in ragione del ritardo.

Definizione che si attaglia alla crisi pandemica ma che può applicarsi ove la prestazione abbia ad oggetto il pagamento di somme di denaro. Anche l'istituto dell'eccessiva onerosità sopravvenuta non sembra calzante poiché la riduzione della prestazione o la modifica delle modalità di esecuzione sufficienti a ricondurla ad equità non consegue automaticamente alla richiesta del conduttore. Inoltre, una pronuncia di accoglimento lascerebbe inalterati i debiti. Infine, esclusa è l'applicazione analogica in materia di locazione commerciale della disciplina in base alla quale se in conseguenza di una disposizione di legge, o di un provvedimento dell'autorità sulla gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulti notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una perdita e un vantaggio, può richiedersi un aumento o una diminuzione del fitto o lo scioglimento del contratto. Trattasi, difatti, di norma eccezionale prevista per l'affitto e dunque non suscettibile di analogia.

Come interpretare il precetto
Il precetto, in sostanza, lungi dall'escludere la responsabilità del debitore a fronte del mancato adempimento dell'obbligo principale di pagamento del canone – sempre possibile poiché prestazione di genere – va interpretato, secondo le indicazioni fornite nella relazione tematica dell'8 luglio 2020 dalla Cassazione, come obbligo per le parti di rinegoziare i termini contrattuali secondo buona fede, quando l'emergenza abbia inciso pesantemente sulle attività imprenditoriali del conduttore. E allora l'obbligo di rinegoziare non urta ma rispetta l'autonomia negoziale delle parti che non l'abbiano espressamente escluso. Il rifiuto della parte di rinegoziare, pertanto, si risolve in un comportamento opportunistico che l'ordinamento non può tutelare e tollerare.

Verosimilmente, sarà la parte svantaggiata a chiedere l'adeguamento del contratto indicando le modifiche da apportare alle condizioni precedentemente pattuite e l'altro dovrà condurre la rinegoziazione in modo costruttivo. Ma si avrà inadempimento se la parte tenuta alla rinegoziazione si oppone in maniera assoluta e ingiustificata ad essa o si limita ad intavolare trattative di mera facciata, senza reale intenzione di rivedere i termini dell'intesa. Nel caso di specie, però, non risulta provato che le restrizioni avessero inciso sulla prestazione principale del conduttore e non poteva dirsi inadempiente parte locatrice rispetto all'obbligo di rinegoziare. Quello del conduttore era, allora, un grave inadempimento che aveva comportato un grave squilibrio delle prestazioni. Questo, il motivo per cui il Tribunale di Palermo dichiara risolta la locazione con condanna alla corresponsione dei canoni insoluti ed al rilascio del bene.

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