Gestione Affitti

Berlino, tassa sui super affitti per evitare la via dell’esproprio

Allo scopo di reperire fondi per nuove case “popolari” e, allo stesso tempo, allontanare lo spettro di un esproprio immobiliare

di Laura Cavestri

Una tassa – proporzionata e progressiva – sugli affitti particolarmente elevati. Allo scopo di reperire fondi per nuove case “popolari” e, allo stesso tempo, allontanare lo spettro di un esproprio immobiliare, votato dalla maggioranza degli elettori di Berlino ma di complessa attuazione e di dubbia costituzionalità.

La proposta arriva dagli esperti del Diw, uno dei più autorevoli istituti di studi economici in Germania, a poco più di un mese dal voto nel Paese, che oltre al rinnovo del governo federale e all’addio di Angela Merkel ha visto anche l’esito del referendum consultivo, nella sola città di Berlino.

Referendum in cui ha vinto, a larga maggioranza, il sì all’esproprio delle grandi società immobiliari che detengono migliaia di appartamenti e che sono accusate di essere le principali responsabili del raddoppio degli affitti in una città in cui l’80% dei residenti paga un canone e non è proprietario.

La proposta degli economisti

Come ha spiegato al Sole 24 Ore Stefan Bach, esperto di Fisco e Finanza Pubblica all’Istituto tedesco di ricerca (Diw) gli affitti netti che superano di oltre il 110% la media del canone locale calcolata per quella specifica zona potrebbero essere tassati con un’aliquota progressiva dal 10 al 30 per cento. Maggiore è l’affitto e maggiore è l’aliquota fiscale. Con questa soluzione, sostiene Bach «ad esempio, si potrebbero ridurre gli affitti di 100mila appartamenti o potrebbe essere finanziata la costruzione di 7.500 nuovi appartamenti a canone concordato ogni anno».

Nel mirino dei promotori del referendum c’è la più grande società immobiliare tedesca, Deutsche Wohnen (oltre 110mila appartamenti), che il 4 ottobre ha acquisito Vonovia (che ne conta 44mila). Poi ci sono la francese Covivio, la svedese Akelius e la tedesca TAG Immobilien. Quella della tassa, spiega ancora Bach, «è una proposta alternativa ma concreta, dopo il fallimento di imporre un tetto all’aumento degli affitti e alle difficoltà pratiche e legali di un esproprio».

Fredda, per ora, la risposta della politica, che teme l’impopolarità di un aumento fiscale.

Canoni esplosi in pochi anni

Berlino – con l’80% di abitanti in affitto e il 20% di poveri – è sempre stata una città in cui si poteva vivere con poco e che ancora oggi vive le contraddizioni e le diseguaglianze della riunificazione Est-Ovest. La privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico dell’ex Germania Est (con appartamenti alimentati a carbone a fine anni 90 e un quarto di case senza bagno) è conseguenza della storia della città.

Agli inizi degli anni 2000 affittare un appartamento costava meno di una stanza in una città universitaria italiana. Partendo da canoni molto più bassi di Monaco o Francoforte, in quasi nessun’altra città gli affitti sono aumentati così velocemente come a Berlino. Se la media ufficiale degli affitti è di circa 10 euro al metro quadrato al mese, sono sempre più diffuse case che costano dai 15 ai 20 euro al metro quadrato. Inoltre, dal 2004 ad oggi il prezzo di una casa a Berlino è cresciuto del 120 per cento. In questi anni Berlino ha attratto studenti e lavoratori dall’estero. Il turismo ha alimentato gli affitti brevi e gli investimenti.

Nel 2020 l’allora sindaco Michael Müller aveva provato a far passare una legge per imporre un tetto massimo ai prezzi per almeno cinque anni. Bocciata dalla Corte costituzionale tedesca. L’esproprio, oggi, sarebbe possibile per legge per un comprovato interesse collettivo e previo congruo indennizzo, che secondo le autorità berlinesi potrebbe aggirarsi tra i 30 e i 36 miliardi di euro. Soldi che la municipalità di Berlino non ha.

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