Gestione Affitti

È risolvibile il contratto di affitto per anomalie sulla dimensione materiale dell'immobile

Motivazione non opponibile qualora, alla firma, si conoscesse lo stato di fatto del bene

di Selene Pascasi

Se la cosa locata presenta vizi che ne diminuiscono apprezzabilmente l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo ma solo se le anomalie riguardano la dimensione materiale dell'immobile o la sua struttura intrinseca. Lo precisa il Tribunale di Roma con sentenza 11482 del 6 agosto 2021.

I fatti
Lo scontro si apre con l'intimazione di sfratto per morosità da immobile locato ad uso commerciale stante il mancato pagamento ed i ridotti versamenti di diversi canoni per un debito complessivo di circa 17 mila euro cui andavano aggiunti, lamenta il proprietario, gli oneri condominiali insoluti. L'intimato si difende: la situazione dipendeva dalle difficoltà dovute alla protratta chiusura dell'attività imposta dall'emergenza Covid-19. In sintesi, si era trovato di fronte all'impossibilità temporanea e parziale ad adempiere per causa a lui non imputabile. Quanto agli oneri condominiali, invece, il proprietario non era legittimato a pretenderli trattandosi di un diritto recuperatorio di credito condominiale.

E comunque, chiede la riduzione del canone ad almeno il 50% di quello pattuito e la ripetizione delle maggiori somme corrisposte in base alle effettive consistenze locate: solo il pianterreno aveva le caratteristiche dichiarate e la restante superficie non era utile all'attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta al piano superiore. Il Tribunale, però, d ichiarato risolto il contratto per grave inadempimento, lo condanna al rilascio del bene. L'opponente, premette, non aveva negato la morosità allegando solo l'impossibilità parziale sopravvenuta per via delle misure restrittive. Circostanza che, a suo avviso, avrebbe imposto la rinegoziazione del contratto.

La revisione del contratto causa emergenza pandemica
Sul punto, il giudice si sofferma sull'obbligo integrativo di rivedere il rapporto per motivo indipendente dalla volontà delle parti quale è certamente una pandemia ma boccia la tesi dell'esercente. La causa della locazione, anche commerciale, non si estende alla garanzia della produttività dell'attività imprenditoriale che il conduttore si accinge a svolgere nei locali concessi. Invero anche la dichiarazione resa nel contratto d ello specifico uso che intende fare del bene non impone al locatore la garanzia dell'effettiva possibilità di tale uso, rilevando solo per il conduttore in relazione all'obbligo di non modificarne né alterarne la destinazione.

Per il locatore, invece, tale dichiarazione impone di mantenere la cosa in stato tale da servire all'uso convenuto. Ciò che rileva, in definitiva, è la dimensione materiale e non giuridica o produttiva dell'immobile tanto che il locatore ha l'obbligo di eseguire tutte le riparazioni necessarie a mantenere la cosa idonea all'uso. Parimenti, l'articolo 1578 del Codice civile prescrive che se al momento della consegna essa sia affetta da vizi che ne diminuiscano apprezzabilmente l'idoneità, il conduttore potrà chiedere la risoluzione o la riduzione del corrispettivo. Tuttavia, i vizi in questione dovranno riguardare la dimensione materiale del bene cioè la sua struttura intrinseca. Non a caso, le immissioni derivanti da immobili vicini non integrano vizio della cosa in quanto estranee alla sua struttura ma connesse a fatto del terzo (Cassazione 23447/2014).

L’idoneità all’uso concordato
Ecco che, se rileva solo la dimensione materiale e non giuridica o produttiva dell'immobile, allora il locatore dovrà garantire unicamente la sua idoneità all'uso concordato e non anche che tale uso sarà sempre possibile e proficuo per il conduttore. Ed in materia di locazione ad uso diverso da quello abitativo, si può contrattualmente stabilire che siano a carico del conduttore tutti gli oneri relativi all'utilizzabilità del bene esonerando il locatore da ogni responsabilità (Cassazione 11971/2010). La destinazione particolare del bene, quindi, rileverà come condizione di efficacia, elemento presupposto o contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento in base all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che sia stipulata per un certo uso.

Pertanto, non può mai dirsi che la garanzia del locatore si estenda alla produttività del bene concesso in godimento. Nella vicenda, inoltre, non era configurabile la presupposizione di un costante flusso turistico nei luoghi in cui si trovava l'immobile solo per la fissazione di un canone elevato legato all'ottima posizione del locale nel centro storico romano. Ciò, in quanto lo svolgimento redditizio dell'impresa non è implicito nel consenso del locatore. D'altra parte, nessuna prova al riguardo era stata fornita dal conduttore. Tornando, allora, al rilievo per cui esisterebbe un obbligo di buona fede che imporrebbe al locatore di rinegoziare il contratto, dalla ricostruzione del rapporto non emergevano violazioni da parte del locatore.

La buona fede contrattuale
Il principio di buona fede contrattuale, infatti, gli impone di attivarsi in favore dell'altra parte nei limiti del suo interesse (Cassazione 23069/2018), nei limiti in cui possa avvenire senza grave sacrificio di altri valori (Cassazione 17642/2018) o a suo carico (Cassazione 1082/2009) e sempre che non pregiudichi apprezzabilmente il proprio interesse (Cassazione 5240/2004). Ed è palese che la rinuncia ad un proprio diritto per stringere un accordo sia un apprezzabile sacrificio che non può essere preteso. Ancora, il Tribunale – circa l'eccezione d'impossibilità sopravvenuta parziale della prestazione – sottolinea che la normativa emergenziale non innesta alcuna norma di carattere generale che preveda la sospensione della corresponsione di canoni locativi pur dettando molte regole speciali quali le iniziative di agevolazione fiscale.

A conti fatti, dunque, la situazione descritta dal commerciante non valeva come impossibilità sopravvenuta di versare i canoni non essendo l'emergenza sanitaria condizione intrinsecamente impediente in termini assoluti. Respinta anche la riconvenzionale di riduzione del canone e ripetizione delle maggiori somme per parziale idoneità della superficie dell'immobile: il conduttore non solo ne conosceva le caratteristiche ma le aveva espressamente accettate con la stipula del contratto e l'accordo sul prezzo. Per il recupero degli oneri condominiali scaduti, poi, la giurisprudenza riconosce legittimato passivo il proprietario in capo al quale, dopo la corresponsione, sorge un credito di rivalsa verso il conduttore. Credito che, come affermato dal Tribunale di Roma con sentenza 8655/2019, diventa certo, liquido ed esigibile solo a pagamento avvenuto. Sul punto, allora, la domanda viene accolta.

Queste, le motivazioni per cui il Tribunale capitolino dichiara risolta la locazione per grave inadempimento, condanna l'esercente al pagamento dei canoni scaduti ed al rilascio del locale ma boccia la pretesa di pagamento degli oneri condominiali insoluti.

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