Gestione Affitti

Morosità Covid: condannato inquilino perché il rischio d’impresa non può ricadere sul locatore

Aveva locato per svolgere attività ricettiva, ferma causa pandemia: l’appartamento era comunque idoneo all'uso pattuito

di Selene Pascasi

La causa del contratto di locazione ad uso commerciale non si estende mai alla garanzia della produttività dell'attività imprenditoriale che il conduttore si accinge a svolgere, per cui il locatore deve garantire solo che l'immobile sia strutturalmente idoneo all'uso pattuito ma non che tale uso sarà sempre possibile e proficuo. Lo puntualizza il Tribunale di Roma con sentenza numero 4431 del 10 marzo 2021.

La vicenda
È un proprietario ad accendere il caso intimando lo sfratto per morosità all'inquilino che, non contestando il debito, offre la sua versione dei fatti. Fino ad allora, si difende, era stato sempre puntuale nella corresponsione del canone pattuito per l'immobile che aveva destinato allo svolgimento di attività turistica-ricettiva professionale ed imprenditoriale. Circostanza di cui il locatore era consapevole tanto da aver autorizzato l'esecuzione dei lavori funzionali a tale attività.

Tuttavia, prosegue, la pandemia gli aveva causato l'impossibilità materiale di pagare il mensile concordato e la riduzione proposta non era stata accettata dal proprietario. Motivo per cui offre mille euro e chiede la parziale riduzione del canone per alcuni mesi con estensione a quelli successivi fino a data decisa dal giudice. Ciò, invocando l'articolo 91 del Dl 18/20 per cui il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell'esclusione della responsabilità del debitore anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi pagamenti. Il Tribunale, però, accoglie la pretesa del proprietario.

Il locatore non risponde del rischio d’impresa
Nella vicenda, premette, il fatto che le parti avessero previsto in contratto l'eventuale possibilità per il conduttore di adibire il bene ad attività recettizia non poteva equivalere a coinvolgere il locatore nel rischio che poi tale attività potesse o meno svolgersi, fosse stata in concreto svolta o impedita dalla situazione pandemica. Del resto, non era invocabile la tesi per cui l'impossibilità sopravvenuta si avrebbe non solo se diventi impossibile la prestazione del debitore ma anche se diventi impossibile l'uso della prestazione di controparte, venuta meno la causa contrattuale (Cassazione 18047/18; Tribunale di Venezia, 14 aprile 2020).

Difatti, la causa del contratto di locazione, anche per le locazioni commerciali, non si estende mai alla garanzia della produttività dell'attività imprenditoriale che il conduttore si accinge a svolgere nei locali concessi. E la dichiarazione, resa nel contratto, dello specifico uso che il conduttore intende fare del bene non imporrà al proprietario alcuna garanzia dell'effettiva possibilità di tale uso. Tale dichiarazione, quindi, rileverà per il conduttore in relazione all'obbligo di non modificare né alterare la destinazione e per il locatore quanto al dovere di mantenere la cosa in stato da servire all'uso convenuto, anche eseguendo le opportune riparazioni. A contare è la dimensione materiale e non produttiva dell'immobile.

Riduzione per vizi afferenti la struttura immobiliare
Ecco che – se è vero che quando alla consegna la cosa locata presenti vizi che ne diminuiscono apprezzabilmente l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo – è pur vero che questo accade per vizi afferenti la dimensione materiale dell'immobilee la sua struttura intrinseca. Ad esempio, le immissioni derivanti da immobili vicini non sono idonee ad integrare vizio della cosa locata non essendo legate alla struttura ma dipendenti da terzi (Cassazione 23447/14).

Pertanto, il locatore deve garantire solo che l'immobile sia strutturalmente idoneo all'uso pattuito ma non che tale uso sarà sempre possibile e proficuo per il conduttore. Ebbene, nella fattispecie – anche tenuto conto che il bene era stato locato principalmente per uso abitativo con eventualità di adibirlo ad attività recettiva – l'aver l'emergenza sanitaria reso impossibile l'uso eventuale lasciando invariato quello abitativo, non legittimava l'esonero o la riduzione del canone. Inevitabile, allora, la soluzione abbracciata dal Tribunale di Roma che – vista la morosità di quasi 14 mila euro – dichiara risolto il contratto e condanna il conduttore al rilascio dell'immobile ed al saldo degli insoluti.

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