Gestione Affitti

Affitto, il locatore deve adeguare l’immobile ma non perché vi si possa svolgere attività commerciale

di Selene Pascasi

Il proprietario deve eseguire tutte le riparazioni necessarie per preservare il godimento del bene dal parte dell'inquilino ma non è tenuto – a meno che non sia stato espressamente pattuito – ad adeguarlo perché possa svolgere l'attività commerciale cui intende destinarlo. Lo scrive il Tribunale di Palermo con sentenza n. 918 del 3 marzo 2021 . La questione nasce da un'intimazione di sfratto per morosità motivata dall'omesso pagamento di alcuni canoni di locazione di un immobile commerciale.

Le argomentazioni del conduttore
Il conduttore, però, si giustifica: a causa delle restrizioni imposte alla sua attività dalla legislazione d'emergenza pandemica, aveva subìto un forte calo di fatturato, aggravato dal fatto che il bar di cui era titolare si trovava vicino ad una scuola. E lo svolgimento delle attività didattiche a distanza aveva fortemente ridotto la clientela. Disposto il rilascio del locale vista l'integrale e prolungata mora, anche per i mesi in cui non c'erano limitazioni, il processo va avanti ma, in corso di causa, si raggiunge un accordo e l'esercente riconsegna il locale.

La decisione del Tribunale
Il proprietario chiede la risoluzione del contratto e la condanna di controparte al pagamento dei canoni insoluti. Il barista deduce l'impossibilità sopravvenuta della prestazione ma il Tribunale di Palermo non concorda. Per consolidato orientamento, il debitore deve adempiere secondo lo sforzo normalmente esigibile e sfugge a responsabilità solo se la mancata esecuzione della prestazione dipenda da caso fortuito o forza maggiore non prevedibili né prevenibili o da sopraggiunta difficoltà prevenibile e rimediabile con sforzo anormale (non esigibile). Tale impostazione, tuttavia, vacilla per le problematiche commerciali non potendosi trasferire al creditore il rischio d'impresa. Ed è vero, prosegue, che l'articolo 91, comma 1, del D.L. 18/2020 prevede che il rispetto delle misure di contenimento sia valutato per l'esclusione della responsabilità del debitore “anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”. Ma tale disposto non può applicarsi alle obbligazioni di pagare somme di denaro trattandosi di prestazioni non subordinate a fasi preparatorie o strumentali per le quali il rispetto delle misure di contenimento costituisce un rischio del debitore.

Allo stesso modo, la difficoltà o incapacità finanziaria dell'inquilino non varrà da giustificazione per l'esonero o il ritardo dell'obbligo di pagamento. Quanto, poi, al diritto alla riduzione della controprestazione, va ribadito che il locatore – pur tenuto a consegnare l'immobile e mantenerlo in stato da servire all'uso convenuto eseguendo tutte le necessarie riparazioni – non debba provvedere all'adeguamento iniziale del bene per lo svolgimento della specifica attività commerciale cui il conduttore intende destinarlo. Ciò, a meno che non vi sia stata espressa pattuizione, non bastando la mera enunciazione del tipo di attività programmata ( Cassazione 14731/2018 ). Ebbene, nella vicenda, il contratto di locazione commerciale enunciava soltanto il fine (l'esercizio dell'attività di pasticceria e gelateria) senza precisare modalità di vendita e somministrazione al pubblico o altro. La limitazione del servizio al pubblico, perciò, non poteva valere come impossibilità, neanche parziale, della sua prestazione. Ancora, l'impossibilità temporanea di utilizzo della prestazione da parte del conduttore dipendente da un ordine dell'Autorità o dalla legge può motivare una diminuzione del fitto o lo scioglimento del contratto ma – ai fini della determinazione della riduzione della prestazione – l'articolo 1467 del Codice civile fissa come linea confine l'alea normale del contratto, che resta a carico del conduttore.

In pratica, si dovrà valutare il suo sforzo d'adeguamento dell'attività all'emergenza. Nella fattispecie, però, l'esercente non aveva prodotto elementi da cui desumere l'incidenza della pandemia sulla sua situazione. Non si sapeva nulla della sua attività di impresa, di come operasse prima del blocco, quale fosse la sua redditività o gli orari di apertura. Di contro, aveva continuato ad omettere i pagamenti. Logica, allora, la decisione del Tribunale di Palermo di disporre la risoluzione del contratto di locazione commerciale con condanna del conduttore a ripianare il debito.

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