Gestione Affitti

Morosità e pandemia: per la convalida di sfratto va valutata anche la durata del contratto di locazione

Nel caso in esame il locatario aveva ritardato tra l’altro solo tre pagamenti e l’inadempimento non è stato ritenuto grave

di Eugenia Parisi

Con contratto di locazione ad uso non abitativo, sottoscritto nel 1989, una società concedeva in locazione ad un soggetto un'unità immobiliare, dove costui svolgeva la professione di dentista; a seguito di omessi pagamenti del canone a partire dall'aprile 2020, la locatrice chiedeva che venisse convalidato lo sfratto per morosità, mentre l'intimato deduceva di aver ritardato il pagamento dei canoni a causa della pandemia Covid 19 che aveva causato un fermo dell'attività; a seguito della conversione in rito ordinario, la vertenza si è conclusa con la sentenza del Tribunale di La Spezia 167/2020.

La rilevanza dell'inadempimento
Nel caso di specie è risultato pacifico che al momento della notifica dell'atto di citazione il conduttore fosse inadempiente nel pagamento dei canoni di locazione ma che a seguito della successiva notifica dell'intimazione di sfratto, il convenuto avesse provveduto al pagamento delle somme dovute. Sebbene sia noto che nei contratti di locazione ad uso non abitativo non possa realizzarsi la purgazione della mora con il pagamento in ritardo dei canoni arretrati, è altresì altrettanto noto che, per potersi avere la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, lo stesso deve essere qualificato grave, ovvero di non scarsa importanza, ai sensi dell'articolo 1455 Codice civile.

Al fine di procedere a tale qualificazione non rileva soltanto il mancato pagamento del canone, quindi l'entità oggettiva dell'inadempimento, ma anche il concorso di altre circostanze e l'interesse che l'altra parte intende realizzare: occorre, in sostanza, coordinare il giudizio sull'elemento oggettivo della mancata prestazione con gli elementi soggettivi e con le modalità e le circostanze di quello specifico rapporto, al fine di valutare se l'inadempimento in concreto accertato abbia comportato una notevole alterazione dell'equilibrio e della complessiva economia del contratto. In tal modo, la prestazione inadempiuta e la sua entità diventano soltanto uno degli elementi che possono essere valutati dal giudice al fine di accertare la gravità o meno dell'inadempimento (Cassazione 3966/2019 e Cassazione 22346/2014).

Gli ulteriori elementi valutati
Nel caso in esame, in un rapporto contrattuale che aveva origini lontane (1989) non si poteva ritenere che il temporaneo mancato pagamento del canone da parte del conduttore per sole tre mensilità potesse considerarsi grave, anche alla luce degli importi dovuti. Inoltre l'inadempimento si era verificato durante il periodo di emergenza sanitaria Covid19 incidendo, seppur in via riflessa, anche sulle attività professionali che hanno continuato ad essere esercitate, tant'è vero che la normativa sostanziale dispone che ciò debba essere valutato al fine di escludere, a sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 Codice civile, la responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati od omessi adempimenti.

Non si poteva quindi - alla luce dei principi di correttezza e buona fede che devono permeare tutti i rapporti contrattuali – mancare di valutare il pagamento effettuato a seguito della notifica dell'atto di intimazione. Pertanto, considerati i seguenti elementi: a) importo non rilevante della morosità; 2) durata temporanea della medesima e circoscritta ai mesi dell'emergenza sanitaria; 3) condotta del convenuto improntata a correttezza e buona fede, l'inadempimento del convenuto non è stato dichiarato grave e la domanda di sfratto non ha conseguentemente trovato accoglimento.

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