Gestione Affitti

Il contratto non può essere di durata inferiore a sei anni

La norma di riferimento per i contratti di locazione ad uso commerciale è la legge sull’equo canone (392/1978) e, in particolare, gli articoli compresi tra il 27 e il 42

La norma di riferimento per i contratti di locazione ad uso commerciale è la legge sull’equo canone (392/1978) e, in particolare, gli articoli compresi tra il 27 e il 42. La prima caratteristica dei contratti commerciali riguarda la durata dell’accordo, che non può essere inferiore a 6 anni per gli immobili adibiti ad attività industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno, di promozione turistica, ma anche per gli immobili destinati all’esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.

Durata e rinnovo

La durata non può, invece, essere inferiore a 9 anni se l’immobile è destinato a ospitare un albergo, una pensione, luoghi di pubblici spettacoli (teatri, cinema e altro), ma anche stabilimenti balneari e trattorie. Il contratto si rinnova automaticamente di altri 6 o 9 anni (a seconda dell’attività), a meno che una delle parti non comunichi all’altra la disdetta, inviando una lettera raccomandata almeno 12 o 18 mesi prima (sempre a seconda dell’attività) della scadenza.

La legge prevede che alla prima scadenza il proprietario può non rinnovare l’accordo. Ciò avviene, ad esempio, se decide di destinare l’immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta; se sceglie di adibire l’immobile all’esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività di cui sopra, che rientrano nelle locazioni cosiddette “commerciali”; se decide di demolire l’immobile, ristrutturarlo o restaurarlo completamente.

Qualora il locatore scelga di non rinnovare il contratto, se entro 6 mesi dall’avvenuta consegna non ha rispettato le indicazioni previste dalla legge, è tenuto (a patto che il conduttore lo richieda), al ripristino del contratto. In tal caso, il proprietario deve anche rimborsare il conduttore delle spese di trasloco e risarcire il danno «in misura non superiore a 48 mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione del contratto», a cui si aggiungono una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto (21 mesi per le attività alberghiere). Inoltre, il locatore deve devolvere al Comune in cui è ubicato l’immobile una somma compresa tra 258 a 1.032 euro.

Importo del canone

Riguardo all’importo del canone, le parti possono accordarsi per aggiornarlo annualmente, con le variazioni in aumento che non possono mai superare il 75% di quelle accertate dall’Istat.

A tutela di chi affitta, la legge prevede che qualora il contratto di locazione cessi per volontà del proprietario, il conduttore – la cui attività comporti contatti diretti con il pubblico di utenti e consumatori - abbia diritto a un’indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto (21 mensilità per le attività alberghiere, teatrali e altro), a cui si aggiunge un ulteriore risarcimento dello stesso valore se l’immobile viene adibito all’esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica.

Sublocazione e cessione

Per quanto concerne la sublocazione o la cessione del contratto, il conduttore è libero di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, a patto che venga insieme ceduta o locata l’azienda.

In ogni caso, il proprietario va avvisato mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Da parte sua il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Vendita e diritto di prelazione

Se, poi, il locatore decide di vendere l’immobile – sempre relativamente alle attività che hanno contatti diretti con il pubblico di utenti e consumatori - deve avvisare il conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario (recita la norma), ma nella pratica è sufficiente la raccomandata o la pec indicando, fra le altre cose, l’importo richiesto e l’invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione. Qualora il diritto di prelazione venga esercitato, il conduttore dovrà versare la cifra pattuita al proprietario entro 30 giorni, decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

Chi ha diritto alla prelazione, entro 6 mesi dalla trascrizione del contratto di compravendita, può riscattare l’immobile dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa, con il versamento del prezzo d’acquisto, da effettuare entro 3 mesi. La comunicazione di cui all’articolo 38 della legge 392/78 può avvenire anche con modalità analoghe alla notifica a mezzo di ufficiale giudiziario, che siano atte a consentire la verifica della tempestività della comunicazione e dell’esercizio del diritto.

La Cassazione (sentenza 25415 del 26 ottobre 2017) - in tema di esercizio della prelazione da parte del conduttore - ha chiarito che l’esercizio del diritto «deve essere effettuato dal conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario o di atto che, in concreto e univocamente, sia accertato come idoneo a informare il locatore, in modo certo è documentato, della volontà del conduttore e che consenta di verificare la tempestività della comunicazione e del successivo versamento del prezzo».

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