Gestione Affitti

Se l'immobile non è più adatto all'uso convenuto il conduttore può sospendere il canone

Richiamati anche i principi di buona fede perchè si trattava di locazione commerciale e l'inquilino non poteva più svolgere l’attività

di Edoardo Valentino

Secondo la Cassazione il locatore che non fornisce un immobile adatto all'uso convenuto, nel caso in questione un immobile ad uso commerciale che nel corso dello svolgimento della locazione perda la possibilità di svolgere attività commerciale per mancanza di agibilità e assenza di variazione di destinazione d'uso, non può legittimamente pretendere il pagamento del canone pattuito nel contratto.

Il locatore, nel caso citato, è infatti inadempiente e, in ragione di ciò, è corretto il comportamento del conduttore che sospenda il pagamento del canone di locazione o che lo riduca, ciò anche considerato i principi di buona fede e correttezza nelle obbligazioni stabiliti dagli articoli 1175 e 1375 del Codice civile.

I fatti
Nello specifico il caso in discussione riguardava un contratto di affitto di un immobile commerciale. Nel corso del rapporto l'immobile veniva colpito da un'ordinanza amministrativa che, per via di alcuni abusi edilizi realizzati dal proprietario, sospendeva la licenza commerciale e limitava lo spazio per la somministrazione di alimenti e lo svolgimento del commercio.In ragione di ciò, il conduttore dapprima dimezzava l'importo del canone mensile versato al proprietario e, in seguito, abbandonava di fatto i locali.Il proprietario conveniva quindi in giudizio il conduttore per sentirlo condannare a pagare tutti i canoni dovuti sulla base del contratto di locazione allegando la circostanza che, sempre nel contratto, era stato comunicato e accettato che parte dell'immobile non avesse ancora ottenuto il cambio di destinazione d'uso.

L'accettazione di tale situazione da parte del conduttore, quindi, avrebbe legittimato la pretesa di tutti i canoni.Si costituiva nel processo l'affittuario, negando il proprio debito e anzi agendo in via riconvenzionale per ottenere la restituzione dei canoni pagati per l'immobile, inadatto allo svolgimento dell'attività commerciale in quanto privo di cambio di destinazione d'uso e di agibilità.Il Tribunale rigettava la domanda principale e accoglieva quella riconvenzionale del conduttore, condannando il proprietario a rifondere allo stesso le spese sostenuto per la locazione dell'immobile inadatto all'uso pattuito.

La pronuncia di secondo grado
Il caso approdava quindi in Corte d'appello.Il giudice del riesame, al termine del processo, sovvertiva l'esito di prime cure e condannava il conduttore al pagamento dell'intera somma dovuta per i canoni fino al termine del contratto di affitto.Secondo la Corte, infatti, sarebbe stato onere del conduttore provare la sussistenza di vizi nell'immobile e – ammesso e non concesso che fossero presenti – il conduttore avrebbe potuto chiedere la risoluzione del contratto.La mancata istanza di risoluzione avrebbe quindi comportato una accettazione della situazione di fatto, e conseguentemente egli sarebbe stato tenuto a corrispondere tutti i canoni fino al termine naturale del contratto di locazione.

E quella di legittimità
La Cassazione, con la sentenza numero 2154 del 29 gennaio 2021 sconfessava il ragionamento della Corte d'appello.A parere della Suprema corte, infatti, l'onere della prova in merito all'inadempimento contrattuale sarebbe stato incombente sulla parte proprietaria, o meglio: la parte conduttrice aveva il solo onere di allegare la circostanza motivata relativa all'omissione del versamento dei canoni, mentre sarebbe stato onere della parte proprietaria fornire le prove del proprio adempimento.In buona sostanza quindi, stante l'allegazione dell'inadempimento da parte del conduttore, il proprietario avrebbe dovuto provare che l'immobile aveva tutti i requisiti per lo svolgimento dell'attività commerciale, quali l'agibilità e il cambio d'uso.Così non era nel caso in questione.

La Cassazione, poi, rigettava quanto affermato dalla Corte d'appello in merito all'inadempimento della parte conduttrice.Se i gravi vizi dell'immobi le, come affermato dalla Corte d'appello, avrebbero addirittura consentito la risoluzione del contratto di affitto (rimedio grave e residuale) allora a maggior ragione questi avrebbero permesso anche la riduzione volontaria del canone.

I precedenti e la buona fede
Secondo i recenti orientamenti della Cassazione (Cassazione 20322/2019; Cassazione 25 giugno 2019 numeri 16917 e 16918; Cassazione 22039/2017 ) il rapporto tra contraenti in contratto di locazione deve essere fondato su principi di buona fede e correttezza di tal che, in presenza di vizi che rendano inutilizzabile o scarsamente utilizzabile l'immobile, sarebbe insensato e contrario a buona fede che il proprietario potesse comunque ottenere il pagamento del canone di affitto solamente mediante il richiamo al contratto sottoscritto.Alla luce di quanto affermato, quindi, la Cassazione cassava la sentenza di appello e rinviava il giudizio per un'altra valutazione nel merito.

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