Gestione Affitti

Morosità in epoca Covid: in presenza di una clausola risolutiva espressa il Cura Italia non basta

La sospensione del versamento dei canoni può giustificarsi per i mesi di forzosa inattività dovuta al lockdown, non per il perdurante inadempimento del locatario

di Roberto Rizzo

I proprietari di un locale adibito ad esercizio commerciale notificavano al conduttore, titolare di una ditta individuale, un'intimazione di sfratto per morosità con contestuale citazione per la convalida, deducendo che quest'ultimo non aveva versato alcun canone di locazione per i mesi di aprile, maggio e giugno 2020; che, con decisione non concordata, aveva versato un canone ridotto per i soli mesi di agosto e settembre 2020; che non aveva versato le corrispondenti quote condominiali; ed infine che, pur avendo essi proprietari incassato la caparra confirmatoria a garanzia dei canoni scaduti, il conduttore manteneva inalterata la morosità maturata successivamente alla notifica dell'intimazione.

Le opposte ragioni
Il conduttore si costituiva in giudizio opponendosi alla convalida in virtù delle somme versate immediatamente dopo la notifica dell'intimazione, per le mensilità di ottobre, novembre e dicembre 2019 -che avevano azzerato, sino a quella data, la morosità- ed il giudice, in accoglimento della spiegata eccezione, disponeva il mutamento del rito per il prosieguo del giudizio.I proprietari, con le relative memorie integrative, assumevano che, nonostante avessero incassato la caparra confirmatoria rilasciata dal conduttore al momento della stipula del contratto a garanzia dei canoni scad uti, quest'ultima non era stata reintegrata; che persisteva la morosità del debitore e che, essendo prevista la clausola risolutiva espressa per il ritardato versamento anche di una sola mensilità, intendevano ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore ed il rilascio dell'immobile.

Disposto un breve rinvio per il bonario componimento, posto che il conduttore insisteva nel sostenere la propria impossibilità a versare l'intero canone pattuito per le conseguenze negative determinate dalla crisi economica susseguente all'emergenza sanitaria, la causa veniva trattenuta in decisione sulla base delle rassegnate conclusioni.

La decisione
Il Tribunale di Roma, con la sentenza 17729 del 24 novembre 2020, ha accolto integralmente le ragioni degli intimanti, dichiarando la risoluzione del contratto di locazione, accertando il diritto dei locatori ad ottenere il rilascio dell'immobile e fissando per l'esecuzione la data del 28 febbraio 2021.Il tutto con condanna alle spese del conduttore convenuto.

Le motivazioni
La sentenza in commento si colloca, indubbiamente, nell'ambito delle numerose pronunce che hanno affrontato e, quindi, risolto il problema della morosità in epoca Covid 19 in maniera difforme, determinando così un vero e proprio corto circuito giurisprudenziale, allo stato tuttora persistente.Invero, la materia è stata oggetto di una importante Relazione, la numero 56 dell'8 luglio 2020, redatta dall'ufficio del Massimario della Suprema corte di Cassazione la quale, col chiaro intento di fornire indicazioni uniformi nell'interpretazione dell'intera normativa d'urgenza, in materia di sfratti per morosità, così recita: «Spetta al debitore dimostrare di aver fatto uso della ordinaria diligenza per rimuovere gli ostacoli creati all'esatta esecuzione degli impegni contrattualmente assunti. L'obbligato per slegarsi dalla responsabilità, non può limitarsi ad allegare che l'inadempimento è ascrivibile alle misure anti-contagio, dovendo, per converso, in linea con la previsione dell'articolo 1218 Codce civile, offrire la prova circostanziata del collegamento fra inadempimento e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell'epidemia».

Dalla lettura integrale della Relazione in parola, si evince, inoltre, che, ad avviso della Suprema corte, solo una volta accertata l'adozione di un comportamento rispettoso dei divieti contenuti nella decretazione d'urgenza, a tutela della salute pubblica, potranno esaminarsi la buona fede e la diligenza del conduttore, ritenendo questi ultimi, ove esistenti, come effettivamente rilevanti ai fini dell'esclusione della sua responsabilità nel determinarsi dello stato di morosità.Nel caso di specie, ad avviso del Tribunale, nell'atteggiamento dell'intimato debitore, non sono individuabili i requisiti in parola, posto che, successivamente alla riapertura dell'attività, quest'ultimo –in maniera del tutto ingiustificata- ha omesso il versamento regolare dei canoni pattuiti contrattualmente.

Le previsioni del Cura Italia valgono solo per i mesi di lockdown
Ne consegue, ad avviso del Magistrato che, se per effetto dell'articolo 91 del Dl 18/2020 (cosiddetto Cura Italia), convertito nella legge 27/2020, ben può giustificarsi l'inadempimento per i mesi di forzata chiusura dell'attività commerciale (da marzo a maggio 2020), tale esimente non può validamente essere invocata per il periodo successivo alla fine del lockdown, rispetto al quale il mancato versamento del canone di locazione, alle scadenze concordate, integra una condotta gravemente colposa realizzata dall'intimato.Tale circostanza, integrata dalla previsione contrattuale della clausola risolutiva espressa, di cui i locatori hanno dichiarato di volersi avvalere, è sufficiente a giustificare la declaratoria di risoluzione del contratto e l'ordine di rilascio dell'immobile oggetto del contendere, nei confronti del convenuto debitore.

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