Gestione Affitti

Più sostegni ai canoni in attesa del recovery

La pandemia ha allargato e aggravato l’area del disagio abitativo. Quello delle famiglie e delle persone che con le loro sole forze economiche non riescono (o faticano) a trovare una casa adeguata alle loro esigenze e alla portata delle loro tasche è, però, un problema antico e diffuso nel nostro Paese. Una politica della casa sembra essere uscita dall’agenda del Governo e del Parlamento da molto tempo. Si fa fatica a inquadrare in un disegno programmatico gli sporadici interventi, attuati con lentezza, finanziati dai governi che si sono succeduti negli ultimi due decenni.

Ora c’è l’occasione del recovery fund, che potrebbe essere usato per finanziare un piano casa (sarebbe il terzo dopo quello Fanfani e il decennale del 1978). Il piano di investimenti finalizzato a potenziare un’offerta abitativa economicamente accessibile, proposto dal “piano Colao”, rischia, però, di restare sulla carta. La bozza del piano nazionale di ripresa e resilienza prevede di investire in cinque anni 2,6 miliardi nelle case popolari per il loro miglioramento energetico e sismico. Il che è, ovviamente, indispensabile. Ma non è sufficiente per restringere l’area del disagio abitativo; per questo occorre rendere disponibile un’offerta consistente di abitazioni, a condizioni migliori di quelle di mercato, destinate sia all’affitto sia alla proprietà, anche con il coinvolgimento di operatori privati.

Naturalmente, prima di mettere mano a nuove costruzioni, bisogna verificare la possibilità di rimettere in circolo le abitazioni esistenti non utilizzate. Partendo ovviamente dalle case popolari, con finanziamenti ben più consistenti di quelli previsti finora.

Nel caso del patrimonio privato, non sempre domanda e offerta si incontrano, per ragioni sia economiche sia geografiche. I governi che si sono succeduti nel tempo hanno progressivamente depotenziato, riducendo al lumicino il suo finanziamento, il fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, che dà agli inquilini un contributo per pagare l’affitto al proprietario privato. Ora la legge di Bilancio 2021 aggiunge 160 milioni ai 50 già stanziati al fondo, anche se si resta lontani dai 361 milioni del 2000 (che corrisponderebbero a quasi 490 milioni di oggi).

L’urgenza di una politica per la casa è accentuata dagli effetti della pandemia, che rischiano di rendere bisognose di un aiuto pubblico anche tante famiglie che pensavano di aver risolto il problema acquistando un’abitazione. Sfiorano 600mila i mutui ipotecari per i quali i proprietari degli immobili hanno chiesto una moratoria per il pagamento delle rate di ammortamento, con capitale residuo di 50 miliardi di euro.

Per 223mila mutui è stato chiesto l’intervento del fondo Gasparrini (per ottenere l’agevolazione sul pagamento degli interessi nei mesi della moratoria), le cui maglie di accesso sono state allargate per i mutuatari che si sono trovati in difficoltà finanziarie per il Covid-19; e sono 360mila le moratorie accordate dalle banche per gli accordi sottoscritti tra Abi e associazioni di consumatori. Prima o poi il pagamento delle rate dovrà riprendere. Se le famiglie che non riusciranno a rimettersi in carreggiata saranno poche centinaia, si tratterà di drammi individuali, destinati al silenzio. Ma se diventeranno migliaia e migliaia, il problema sarà rilevante anche per le banche e sul versante sociale.

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