Gestione Affitti

Affitti commerciali: in lockdown canoni ridotti o azzerati

Consistente il numero di pronunce favorevoli ai locatari

di Annarita D’Ambrosio

Sono ricorrenti le pronunce dei Tribunali italiani sul pagamento dei canoni di locazione commerciale durante i mesi di lockdown; pronunce relative a casi diversi, ma prevalentemente a favore del locatario, per venire incontro alle difficoltà economiche conseguenza dello stop forzato.Un orientamento che preoccupa Confedilizia che, con forza, chiede si tenga conto anche dei mancati introiti dei proprietari di immobili, gravati già dal blocco degli sfratti.

Sugli alloggi turistici canone azzerato
I precedenti sono già numerosi ma l'ultima pronuncia che arriva da Venezia è la prima che si intreccia con un'altra crisi, quella degli affitti brevi. Il caso riguarda infatti una società di gestione di appartamenti turistici, circa un centinaio in laguna, che doveva 24mila euro alla proprietaria di 4 immobili che non era riuscita ad affittare causa restrizioni governative. La proprietaria aveva deciso di escutere la fideiussione a garanzia, la società però ha ottenuto con ricorso al giudice lo stop, motivato appunto dai tre mesi di lockdown: niente canone a marzo, aprile e maggio, a giugno riconosciuto il diritto della proprietaria solo alla metà della somma. Invocato il principio della inutilizzabilità del bene ha precisato in questo caso il legale della società di gestione affitti brevi, Daniela Ajese, che il 22 maggio scorso aveva ottenuto una pronuncia simile anche per un negozio all'interno di un centro commerciale a Marghera. L'ordinanza emessa, in quel caso, metteva nero su bianco che: «l'esercizio commerciale chiuso per il lockdown non è tenuto a pagare il canone per i mesi di chiusura, essendo il blocco dell'attività imposto da una causa di forza maggiore e non derivante da proprie responsabilità».

I precedenti
Da Venezia arriva anche un'altra pronuncia del 30 settembre scorso: il Tribunale ha ritenuto che la notifica di uno sfratto in piena emergenza da Covid-19 si pone in contrasto con il principio – sancito dall'articolo 2 della Costituzione – di solidarietà fra le parti contrattuali. Pur trattandosi di caso particolare, di un contratto di tipo rent to buy, la pronuncia si aggiunge alle altre facendo di Venezia la città d'arte dove sono state emesse più ordinanze al riguardo.

Non l'unica però: è successo anche a Roma, dove il Tribunale ha accolto il ricorso di un ristoratore che chiedeva la riduzione dei canoni per i mesi di chiusura forzata dell'attività e la sospensione della garanzia fideiussoria prestata dalla banca. Il giudice ha disposto la riduzione del 40% del canone per i mesi di aprile e maggio 2020 e la riduzione del 20% dei canoni da giugno fino a marzo 2021, giustificandola con il fatto che i contratti devono «essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatti le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio».

I casi di Bologna e Genova
A favore dei conduttori anche due pronunce emesse a Bologna e Genova. In entrambi i casi c'era di mezzo l'emissione di assegni a garanzia del debito, non più onorabili però a causa del blocco dell'attività commerciale. A Bologna il decreto 4976/2020 aveva riconosciuto le ragioni della conduttrice di un centro estestico, chiuso nei mesi da marzo a maggio, e aveva ordinato ex articolo 669-sexies, comma 2, Codice procedura civile di non mettere all'incasso gli assegni emessi a garanzia del pagamento. Caso analogo a Genova dove con decreto del primo giugno 2020 è stato accolto il ricorso di una società conduttrice di una discoteca, chiusa per lockdown, che si era rivolta al tribunale ex articolo 700 Codice procedura civile, deducendo i gravi effetti pregiudizievoli che avrebbe potuto subire qualora i titoli dati in garanzia al locatore degli spazi fossero stati posti all'incasso, non potendo onorare il debito per difetto di provvista. Il giudice ligure, valutato il fumus boni iuris, ha accolto l'istanza cautelare della società locataria.

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