Gestione Affitti

Sulla clausola penale nel contratto d’affitto non si paga il registro

Niente tassazione autonoma per la clausola penale legata all’inadempimento di un contratto di locazione

di Cristiano Dell’Oste

Niente tassazione autonoma per la clausola penale legata all’inadempimento di un contratto di locazione. La Ctp Varese si pone nella scia delle pronunce “pro contribuente” con la sentenza 279/3/2020 (presidente e relatore Petrucci), depositata lo scorso 29 settembre.

Il caso riguarda il corretto trattamento fiscale delle pattuizioni che - in caso di ritardo nel pagamento del canone - obbligano l’inquilino a versare interessi moratori più elevati rispetto a quelli legali (pari allo 0,05% dal 1° gennaio scorso). Queste clausole, così come quelle legate al ritardo nella riconsegna dell’immobile, sono sempre state inglobate nell’imposta di registro pagata sull’accordo principale: cioè il 2% (in caso di tassazione ordinaria) o zero (in caso di opzione per la cedolare secca).

Dal 2019, però, l’agenzia delle Entrate - soprattutto in Lombardia - ha iniziato a inviare avvisi di liquidazione che contestano il mancato versamento dell’imposta di registro sulla penale, che dovrebbe essere tassata come pattuizione autonoma. E quindi sottoposta a imposta fissa di 200 euro (oltre alla sanzione del 30%, vale a dire 60 euro) anche se il locatore ha scelto la cedolare.

È quanto accaduto anche nella vicenda di Varese, che fa parte di una serie di contenziosi curati dalla locale associazione territoriale di Confedilizia.

Secondo le Entrate, la clausola andrebbe tassata in modo autonomo in virtù del combinato disposto di due disposizioni:

- l’articolo 21, comma 1, del Tur (Dpr 131/1986), secondo cui se un atto contiene distinte disposizioni «che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre», ognuna è tassata in modo separato, come se fosse un atto a sé;

- l’articolo 27, secondo cui gli atti soggetti a condizione sospensiva sono registrati con imposta in misura fissa.

Tesi però bocciata dalla Ctp Varese, che afferma: «La clausola penale è collegata al contratto la cui invalidità o inefficacia travolge anche la clausola penale medesima». E ancora: la clausola «non può esistere prescidendo da esso (il contratto, Ndr)». L’inquadramento corretto è dunque quello previsto dal comma 2 dell’articolo 21, per cui l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola pattuizione che genera il prelievo più pesante (quindi il contratto, tassato con l’aliquota del 2%).

Tra i precedenti, non mancano sentenze che danno ragione al Fisco (Ctp Pavia 66/1/2018, Ctp Milano 618/1/2019 e Ctr Lombardia 2311/21/2019). Ma c’è un robusto filone a favore dei contribuenti, che pare connotato da pronunce più recenti (Ctp Pavia 224/3/2018, Ctp Varese 48/2/2019, Ctp Milano 894/10 e 2769/3 del 2019; Ctr Lombardia 4690/7/2019, successiva a alla 2311 dello stesso anno).

È evidente che si tratta di contestazioni particolarmente insidiose, perché il loro modesto valore unitario - circa 280 euro ad avviso di liquidazione, contando anche le spese di notifica - induce la maggior parte dei locatori pagare.

Con la sentenza della Ctp Varese, comunque, il Fisco è stato condannato a rimborsare le spese del giudizio, liquidate in 750 euro (2,5 volte la pretesa erariale).

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