Gestione Affitti

Disdetta locazione: alla prima scadenza basta una manifestazione di volontà da parte del proprietario

L’inquilino può chiedere il ripristino del contratto o il risarcimento del danno se non abbia poi adibito l’immobile all'uso dichiarato entro un anno

di Luana Tagliolini

Alla prima scadenza, il proprietario può negare il rinnovo della locazione abitativa anche senza provare l'effettiva necessità di destinare l'appartamento a residenza propria o di un familiare. Basterà, difatti, una semplice manifestazione di volontà. Ma scatterà il ripristino del contratto alle stesse condizioni o il risarcimento del danno se non l'abbia adibito all'uso dichiarato entro un anno da quando ne abbia riacquistato la disponibilità. Lo ricorda il Tribunale di Roma con sentenza 7777 del 26 maggio 2020.

La vicenda
Apre il caso, l'intimata licenza per finita locazione inviata dalla proprietaria di un alloggio alla sua inquilina che chiede un termine più ampio possibile per la riconsegna dell'immobile e pone l'accento sulla pretestuosità dell'intento dichiarato dalla locatrice. Peraltro, aggiunge, quel locale non poteva essere adibito a studio medico per diversi motivi tra cui la presenza di barriere architettoniche, l'assenza dei requisiti igienico sanitari e di certificazione di agibilità e divieto imposto dal regolamento condominiale. Difesa respinta.

Nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto di locazione abitativa alla prima scadenza, spiega il Tribunale capitolino, va puntualizzato a pena di nullità il motivo – tra quelli tassativamente indicati dall'articolo 3 della legge 431/1998 – sul quale la disdetta è fondata.

Le ragioni della disdetta
Ma tale norma, puntualizza, va intesa nel senso che si impone una specificazione precisa ed analitica della situazione con riguardo alle concrete ragioni che giustificano la scelta così da consentire, in caso di controversia, la verifica della serietà e soprattutto della realizzabilità dell'intenzione dedotta ed il controllo, dopo il rilascio, della reale destinazione dell'immobile all'uso indicato qualora l'inquilino reclami l'applicazione delle sanzioni stabilite a carico del locatore.

Ebbene, nella vicenda, il diniego di rinnovo del contratto (debitamente registrato e giunto alla sua prima scadenza) era stato giustificato dalla necessità di adibire l'appartamento ad uso studio medico privato. Il motivo, quindi, era stato evidenziato e ciò rendeva legittima la richiesta di cessazione del rapporto locativo.

La manifestazione di volontà del locatore
Del resto, prosegue il giudice romano richiamando Cassazione 17577/2013, affinché il proprietario possa legittimamente negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza «non è necessario che egli fornisca la prova dell'effettiva necessità di destinare l'immobile ad abitazione propria o di un proprio familiare, ma è sufficiente una semplice manifestazione di volontà in tal senso, fermo restando il diritto del conduttore al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3 del citato articolo 3, nell'eventualità in cui il locatore non abbia adibito l'immobile all'uso dichiarato nell'atto di diniego del rinnovo nel termine di dodici mesi della data in cui ne abbia riacquistato la disponibilità».

In sostanza, non essendo ammesso un “processo alle intenzioni”, la titolare del locale ben poteva opporsi alla rinnovazione del contratto. Ciò non toglie, però, che l'inquilino – nell'ipotesi in cui sospetti un malizioso abuso della facoltà di disdetta – possa ricorrere ai meccanismi di controllo previsti appositamente dalla legge a sua tutela. Nella fattispecie, invece, non erano emerse circostanze tali da far dubitare dell'onestà delle intenzioni dichiarate dalla proprietaria dovendosi escludere l'impossibilità assoluta di sfruttamento del bene per l'indicata destinazione. Di qui, la decisione del Tribunale di Roma di accoglierne la domanda e disporre il rilascio dell'appartamento.

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