Gestione Affitti

Affitti e lockdown, le morosità non giustificano lo sfratto

Per i giudici di Venezia si può considerare «giustificato» il mancato pagamento dei canoni da parte dei conduttori di locazioni commerciali che non hanno potuto esercitare la loro attività a causa delle disposizioni di contenimento dei contagi da Covid-19

di Marisa Marraffino

No allo sfratto per le morosità maturate durante il lockdown. Per i giudici, infatti, si può considerare «giustificato» il mancato pagamento dei canoni da parte dei conduttori di locazioni commerciali che non hanno potuto esercitare la loro attività a causa delle disposizioni di contenimento dei contagi da Covid-19. Anzi: per il Tribunale di Venezia (ordinanza del 28 luglio 2020), è opportuno che le parti si accordino, per i mesi da marzo a maggio, su una percentuale di riduzione del canone. Un orientamento che va nello stessso senso dell’ ordinanza del 22 maggio 2020 , che considerava “forza maggiore” la situazione di crisi di liquidità in relazione al mancaato pagameento dei caanoni.

Ma, al di là delle trattative tra locatori e conduttori, non esiste una norma che elimini l’obbligo di pagare i canoni dovuti durante il lockdown. Tanto che altri giudici di merito, pur giustificando il ritardo, confermano l’obbligo per i conduttori di saldare le somme dovute.

L’invito ad accordarsi

L’emergenza non ha fermato le istanze di convalida di sfratto. Infatti, i decreti legge hanno bloccato l’esecuzione degli sfratti fino al 31 dicembre, ma non i procedimenti per la convalida. I giudici di merito, però, stanno respingendo le istanze quando sono fondate solo sulla morosità nel lockdown.

Così, il Tribunale di Venezia, con l’ordinanza del 28 luglio (giudice Doro), ha respinto l’istanza di rilascio presentata dal proprietario di un immobile che lamentava la morosità del conduttore, gestore di un bar. Il titolare dell’attività si era opposto all’intimazione di sfratto, perché la morosità era dipesa dall’impossibilità di usare l’immobile per le restrizioni del lockdown, mentre in passato il canone era stato pagato regolarmente.

Per il giudice, per il periodo da marzo a maggio scorso, con l’attività chiusa, non si può parlare di «impossibilità assoluta di godimento dell’immobile», ma di una «impossibilità soltanto parziale», dato che i locali sono rimasti nella disponibilità del conduttore, che li ha usati come magazzino. Si richiamano gli articoli 1256, 1258 e 1464 del Codice civile che giustificano il mancato pagamento del canone o una sua riduzione significativa per impossibilità parziale temporanea di godere del bene, quando la causa non è imputabile al conduttore.

Per il periodo da marzo a maggio - si legge nell’ordinanza - sarà necessario nel giudizio di merito rideterminare l’importo del canone visto che la morosità non è dettata da una reale volontà di non adempiere ma «dall’effettiva contingenza derivante dall’emergenza sanitaria e dalla connessa normativa restrittiva». Così, anche per preservare la continuità dell’attività e i posti di lavoro, il giudice assegna alle parti un termine di 15 giorni per avviare la mediazione e fissa già la successiva udienza (da tenere in caso di fallimento della mediazione) per determinare nel contraddittorio delle parti la riduzione del canone.

Niente riduzione

Se l’orientamento che sembra consolidarsi è quello di non convalidare gli sfratti quando la morosità si riferisce ai mesi di lockdown, altri tribunali non ammettono però la riduzione dei canoni dovuti. Il pagamento potrà essere posticipato ma non escluso, come ha stabilito il Tribunale di Roma con l’ordinanza 23871 del 31 luglio scorso (giudice Febbraro) dove si legge che «l’eventuale crisi di liquidità del debitore va valutata quale rischio posto a carico dello stesso», anche se riferita ai mesi di lockdown.

L’articolo 91 del decreto Cura Italia (18/2020) consentirebbe infatti al giudice di valutare le misure anti Covid per ritenere giustificati eventuali ritardi dei pagamenti, ma non permetterebbe riduzioni dei canoni che, una volta ripresa l’attività commerciale, devono essere pagati anche per i mesi in cui il lavoro è stato interrotto.

E l’articolo 28 del decreto Rilancio (34/2020), che ha esteso il credito d’imposta del 60% a tutte le locazioni non abitative destinate ad attività industriali, commerciali, artigianali, agricole, non ha previsto eccezioni per il pagamento dei canoni, che quindi sarebbero dovuti per intero.

Un orientamento condiviso dal Tribunale di Frosinone che, nell’ordinanza 9130 del 7 agosto (giudice Petraccone) tratta un caso in parte diverso (la morosità non riguarda solo il periodo del lockdown, quindi viene ordinato il rilascio dell’immobile) ma precisa anche che il lockdown impedisce la convalida degli sfratti intimati ma non l’obbligo di pagare i canoni.

Sono situazioni che potrebbero essere risolte se le parti coinvolte si accordassero, di modo da colmare un vuoto legislativo che altrimenti rischia di pesare solo sui conduttori. Peraltro, l’agenzia delle Entrate ha semplificato gli adempimenti necessari per comunicare le variazioni dei contratti. La rinegoziazione, in caso di diminuzione dovuta al Covid, può infatti essere comunicata telematicamente agli uffici competenti.

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