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Urla, musica, cani, rumori: la quarantena in condominio può costare una condanna

Per i rumori oltre la «normale tollerabilità» si va dal giudice di pace. Ma l’obbligo di stare a casa mette in luce condotte da Codice penale . Dalla tv alta alla ginnastica con musica “a palla” i precedenti in Cassazione

di Marisa Marraffino

Vicini di casa sotto stress per l’emergenza coronavirus. Urla, schiamazzi, videogiochi rumorosi, cani che abbaiano a tutte le ore del giorno e della notte: il campionario delle cattive abitudini è già finito in passato davanti alle autorità. Il reato è quello previsto dall’articolo 659 del Codice penale e punisce con l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 309 euro chiunque disturba il riposo o le occupazioni degli altri.

Che cosa dice la legge?
Non è la prima volta che le liti tra vicini rumorosi arrivano in tribunale, ma l’emergenza sanitaria sta mettendo a dura prova i nervi – già tesi – delle persone. Il reato scatta quando i rumori danno fastidio a più famiglie e non solo al vicino di casa.

Negli altri casi il condomino potrà agire in sede civile, rivolgendosi al Giudice di pace per ottenere l’osservanza dell’articolo 844 del Codice civile che regola proprio i rapporti di vicinato, vietando tutti i rumori che superano la soglia della normale tollerabilità.

L’obbligo di stare a casa ha però messo in luce condotte più gravi, tanto da integrare l’ipotesi penale. Le urla, infatti, arrivano spesso a tutti i condomini, costretti a mettere cartelli e avvisi, giungendo a “minacciare” azioni legali.

Tutto inutile. Così è toccato presentare le prime denunce anche ai proprietari degli appartamenti concessi in locazione.
La situazione è talmente esasperante da costringere gli inquilini a recedere dal contratto per cercarsi un’altra abitazione, nella speranza di trovare vicini meno rumorosi.

I precedenti analizzati dai giudici
A Lucca una coppia è stata condannata a 300 euro di ammenda per aver lasciato due cani liberi di abbaiare anche di notte, dando fastidio all’intero vicinato. L’esposto era arrivato da 31 persone che lamentavano l’impossibilità di chiudere occhio. Per il giudice non c’è dubbio che il proprietario o chi ha in custodia animali domestici debba impedire rumori fastidiosi per gli altri con tutti i mezzi possibili (Corte di cassazione, sentenza del 24 agosto 2018 n° 38901).

Allo stesso modo integrano in reato le urla e i rumori di un condomino percepibili dalla strada (Corte di cassazione, sentenza del 1 marzo 2018, n. 9361).

Può far scattare l’illecito penale anche fare ginnastica con la musica ad alto volume o tenere costantemente la tv accesa in modo da dare disturbo agli altri (Corte di cassazione, sentenza del 17 aprile 2018 n° 17124).

Ma anche le urla dei bambini possono far arrivare alla condanna.
Per la Suprema Corte il vociare durante tutto il giorno e la sera, provocato dagli schiamazzi e della musica, tale da impedire ai vicini di guardare addirittura la tv, integra il reato.

In alcuni casi gli schiamazzi erano arrivati a far vibrare i vetri dei vicini, ma è stato necessario arrivare al processo penale per porre rimedio alla situazione (Corte di cassazione, sez. III Penale, sentenza del 5 maggio 2017 n° 21923).

Fino al caso più pittoresco del proprietario di tre galli tenuti a razzolare nel cortile condominiale e condannato a venti giorni di arresto per i rumori degli animali che cantavano per 5-6 minuti a intervalli di 20-30 minuti. A nulla erano valsi i richiami dell'amministratore e dei condomini esasperati
(Corte di Cassazione, sentenza del 10 ottobre 2019 n° 41601).

Per arrivare alla condanna non è necessario che il superamento della soglia della normale tollerabilità sia accertato tramite una perizia o una consulenza tecnica: possono bastare anche le dichiarazioni dei vicini.

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