Gestione Affitti

Il condominio non è responsabile per la canna fumaria individuale pericolosa

Nel caso specifico tra l’altro l’incidente, che aveva ucciso due affittuari, si era verificato per ostruzione della canna fumaria della sola unità immobiliare, non condominiale

di Eugenia Parisi

La proprietaria di un'unità immobiliare ha convenuto in giudizio il condominio, lo studio amministrativo e l'amministratore personalmente, affinchè fossero condannati in via solidale tra loro (ovvero ciascuno per l'intero) al pagamento dei danni che era stata condannata a pagare, a seguito di processo penale, ai familiari di due soggetti, cui aveva locato un appartamento di sua proprietà e che erano morti a seguito di una cospicua esalazione di monossido di carbonio all'interno dell'unità immobiliare.

Le domande dell'attrice
Nella precedente sentenza penale, infatti, ravvisando una sua colpa, l'attrice era stata condannata per il delitto di omicidio colposo ed anche condannata al risarcimento del danno, liquidato in via provvisionale e portato ad esecuzione mediante pignoramento immobiliare; nella successiva causa civile, il cui esito è scaturito nella sentenza 2263/2020 del Tribunale di Milano, l'attrice, ravvisando un concorso di colpa del condominio e dello studio dell'amministratore dell'epoca, ne chiedeva la condanna al pagamento delle somme in suo favore, oltre al risarcimento dei danni subiti per effetto dell'ingiusto pignoramento immobiliare.

Si costituivano in giudizio entrambi i convenuti, contestando le pretese dell'attrice e chiamando in causa le rispettive assicurazioni; il condominio chiamava inoltre in causa l'amministratore all'epoca dei fatti. Nel giudizio intervenivano, infine, volontariamente a norma dell'articolo 105 del Codice di procedura civile, i prossimi congiunti delle vittime nell'incidente, aderendo alle domande dell'attrice.

La precedente sentenza penale
I fatti erano stati ricostruiti, attraverso una perizia, nel senso che, a seguito della sospensione del servizio di fornitura dell'acqua, per qualche motivo, nell'appartamento, era rimasto aperto il rubinetto dell'acqua calda e, quando la fornitura era stata infine ripristinata, lo scaldabagno si era attivato automaticamente ed era rimasto in funzione tutta la notte, s aturando l'ambiente di monossido di carbonio , anchea causa di un'importante ostruzione della canna fumaria: questa fuga di gas aveva provocato la morte degli inquilini. Di fatto, la riattivazione dello scaldabagno aveva innescato il processo di combustione per il riscaldamento dell'acqua che si era protratto per oltre otto ore ed la combustione era avvenuta in condizioni non ottimali, producendo monossido di carbonio in quantità elevate.

I controlli effettuati e le comunicazioni dell’amministratore
In merito al malfunzionamento dell'intero impianto di riscaldamento, il Tribunale aveva accertato che la manutenzione era stata affidata dal condominio, da anni, ad una ditta per la verifica degli scarichi dei prodotti della combustione degli apparecchi installati all'interno delle singole unità immobiliari, nonché l'individuazione degli interventi di adeguamento necessari per garantire gli standard di funzionalità e sicurezza previsti dalle normative vigenti.

All'esito delle ultime verifiche commissionate era stata riscontrata l'inadeguatezza delle canne fumarie, suggerita la sostituzione degli apparecchi a gas con boiler elettrici oppure, in alternativa, la realizzazione di canne fumarie ramificate esterne. Di conseguenza, l'amministratore aveva inviato ai singoli condomini una comunicazione, con la quale trasmetteva gli esiti delle perizie tecniche effettuate e contestualmente invitava i proprietari ad attuare quanto indicato a garantire gli standard di funzionalità e sicurezza previsti dalle norme vigenti.

Le colpe dell’attrice secondo i giudici
Il Tribunale, tuttavia, non aveva ritenuto provato oltre ogni ragionevole dubbio che la lettera dell’amministratore fosse stata ricevuta dalla proprietaria, nonostante la presenza di alcuni indizi; tuttavia ne identificava, però, una posizione di garanzia e quindi riteneva comunque di riconoscere nella condotta omissiva dell'imputata profili di colpa, condannandola anche al risarcimento del danno, liquidato in via provvisionale, successivamente soddisfatta attraverso un pignoramento immobilare.

La non colpevolezza di condominio e amministratore
Dopo aver esaminato e rigettato le eccezioni preliminari processuali ed in ordine alla prospettata prescrizione dell'azione, il giudice civile ha valutato che il danno si era verificato a causa di un malfunzionamento di una colonna privata, ad uso esclusivo, destinata al solo scarico dei fumi di cottura della cucina dell'appartamento della locatrice: si trattava, infatti, di una colonna che non aveva natura e funzione condominiale ma anzi era stata accertata la inidoneità della canna singola con un condotto singolo, sul quale insistevano due apparecchi, non di una canna fumaria collettiva ramificata.

Era stata individuata un'ostruzione – per il 95 per cento – del cavello, nel quale era impropriamente collegato lo scarico dello scaldabagno del solo appartamento teatro della tragedia e nessun impianto comune al condominio, invece, era stato coinvolto dall'ostruzione, dunque non vi era stato alcun inadempimento – né parte del condominio, né da parte del suo amministratore – degli obblighi di cui agli articoli 1130 e 1135 del Codice civile, perché l'ostruzione in questione non riguardava la canna fumaria comune.

La relazione peritale del pubblico ministero, del resto, prendeva in considerazione solo le posizioni della locatrice e del manutentore di fiducia del boiler dell'appartamento, ma mai aveva menzionato il condominio e il suo amministratore, che nessun obbligo particolare avevano in relazione all'impianto in esame.

L 'onere della prova
Di fatto, quindi l'attrice non ha dunque assolto l'onere di provare la natura condominiale della canna fumaria in esame e questa circostanza ha giustificato il rigetto di tutte le domande proposte.

Il condominio e, quindi, anche il suo amministratore sono risultati estranei agli impianti che hanno causato il danno e nessun obbligo manutentivo (nemmeno civilmente rilevante, oltre che penalmente) poteva essere ravvisato nei loro confronti, oltrettutto per il fatto che era stata inviata dall'amministratore a tutti i condòmini una lettera, nella quale si avvertiva della necessità di garantire gli standard di funzionalità e sicurezza previsti dalle norme vigenti.

Il rispetto degli obblighi informativi da parte dell’amministratore
Inoltre, anche se in sede penale non è stata raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio della conoscenza, da parte dell'attrice, del contenuto di questo avvertimento scritto, tuttavia, il suo solo invio da parte dell'amministratore costituisce comunque l'adempimento dei propri doveri informativi, perché ha quantomeno messo in condizione l’attrice di essere a conoscenza dei malfunzionamenti che riguardavano l'impianto che ha causato l'evento mortale.

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