Gestione Affitti

L’installazione delle termovalvole non può mai comportare la lesione di un diritto

Nel caso specifico una condomina contestava il riparto spese del riscaldamento per il suo appartamento situato al di sotto dell’androne non coibentato

di Eugenia Parisi

La proprietaria di un appartamento ha impugnato la delibera dell'assemblea condominiale di approvazione della diagnosi energetica e delle nuove tabelle per il riparto delle spese di riscaldamento e di acqua calda, sottolineando che nella stessa era stata autorizzata l'aggiunta di elementi radianti al proprio appartamento, ma a spese di tutti i condomini, per consentire il raggiungimento di un grado di temperatura all'interno, adeguato e corrispondente a quello delle altre unità abitative.

Il caso specifico
Infatti, il suo appartamento si trovava al primo piano, al di sotto dell'androne di uso comune, aperto e non coibentato; in tal modo, installate le termovalvole, a ciascun appartamento veniva attribuito in conto spese un consumo effettivo per l'82% del costo globale, mentre per la restante quota del 18% il riparto veniva eseguito secondo una tabella basata sugli elementi radianti , comportandole uno svantaggio, poiché, per avere una temperatura ambientale sufficiente e comunque parificata a quella degli altri appartamenti, necessitava di un maggior consumo di calore, a causa della dispersione termica determinata dall'androne.

Inoltre, poiché non si era deliberata la coibentazione, erano stati aumentati gli elementi radianti del suo appartamento a spese di tutti con il riparto delle spese di riscaldamento che era stato però mantenuto secondo i millesimi della tabella precedentemente in vigore, senza provvedere all'aumento in ragione dei nuovi termosifoni e le era stato consentito di aumentare i consumi, al solo scopo di equiparare il grado di temperatura interna dell'unità immobiliare, rispetto agli altri appartamenti e sulla base dei millesimi originari.

La successione di norme e le difese del condominio
Successivamente, era intervenuta la riforma legislativa sull'installazione delle termovalvole e quindi, con le nuove tabelle approvate e applicate, per avere la stessa temperatura ambientale interna, l'attrice aveva dovuto sostenere una spesa ben superiore, tanto per i consumi volontari quanto per quelli involontari, perché basati sulle termovalvole che misuravano il riscaldamento in concreto erogato nel suo appartamento, senza tener conto che il maggior consumo dell'appartamento era necessario per ottenere la temperatura ambientale interna e, ancor più gravemente, senza tener conto dell'accordo già intervenuto in sede assembleare, che aveva garantito all'attrice la possibilità di effettuare un maggior consumo di calore a parità di spesa, in applicazione consensuale di un sostanziale criterio di equità.

I millesimi attribuiti alla sua proprietà, dopo l'installazione del conta calore erano, infatti, praticamente raddoppiati rispetto a quelli degli appartamenti similari; questo perché l'appartamento aveva una maggior superficie radiante e perchè, a questa maggior superficie, non corrispondeva però un maggior calore all'interno dell'appartamento.

Si costituiva, quindi, il condominio allegando che l'approvazione della nuova tabella di riparto dei consumi di riscaldamento e di acqua calda era stata resa obbligatoria dal Dlgs 102/2014 il cui articolo 9, comma V, lett. b), c) e d) introduceva l'obbligo per tutti i condomini di dotarsi, sugli impianti termici centralizzati, di un sistema di contabilizzazione e termoregolazione di calore entro la fine dell'anno 2016.

L'assemblea, quindi, si era adeguata alla norma e le relative attività tecniche svolte avevano tenuto conto delle necessità dell'attrice; in specifico, il tecnico incaricato dall'assemblea aveva chiarito che i coefficienti correttivi erano vietati dalla norma e che la redazione delle tabelle era avvenuta nel pieno rispetto dell'articolo 16, comma 8, del Dlgs 102/14, secondo cui, per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali, per la corretta suddivisione delle spese, l'importo complessivo doveva essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell'impianto, secondo quanto previsto dalla norma tecnica Uni 10200 e successivi aggiornamenti, il cui mancato adeguamento comportava sanzione amministrativa da 500,00 a 2.500,00 euro, ex articolo 16, comma 8, del Dlgs 102/2014.

Le spese per il riscaldamento
Il tema trattato nella sentenza del Tribunale di Brescia 723/2020 riguarda, quindi, la pretesa di una condomina contro la delibera condominiale che la condannava - in relazione ai millesimi relativi al riscaldamento ripartito in base alla Dlgs 102/2014 – a una maggior somma per il riscaldamento del proprio immobile con temperatura al pari degli altri condomini, imputando all'androne condominiale la dispersione del calore, a seguito di una delibera precedente nella quale il condominio aveva provveduto, in parte, agli oneri di sostituzione di radiatori con l'aggiunta di alcuni, per permettere che l' attrice avesse la giusta temperatura, senza la modifica dei millesimi.

Il quadro normativo
Entrata in vigore la norma sulla contabilizzazione del calore, nel calcolo millesimale, all'attrice erano stati attribuiti millesimi doppi rispetto ad altri immobili, a parità di condizioni, dunque era avvenuto un sostanziale superamento della espressa volontà assembleare.

La legge 9 gennaio 1991, numero 10, articolo 26, comma 5, stabiliva, infatti, la disciplina di approvazione delle innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore, prescrivendo il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento, in base al consumo effettivamente registrato.

La contabilizzazione dei consumi di calore di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi delle stesse sono state poi prescritte come obbligatorie dal Dlgs 102 del 2014, articolo 9, comma 5, modificato dal Dlgs 141 del 2016 e dal Dl 244 del 2016.

Il decreto legislativo 102/2014 (articolo 9, comma 5, lettera d) stabilisce – una volta installati i sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore – che le spese di riscaldamento fra i singoli condòmini siano ripartite in base ai criteri stabiliti dalla norma Uni 10200, attualmente in fase di revisione. Questa norma, elaborata dalla Commissione tecnica del Comitato termotecnico italiano, si basa su un principio cardine presente anche nell'articolo 26, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, numero 10, «Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia», ossia ciascun utente paga in base all'effettivo consumo registrato.

Si tratta certamente di una norma inderogabile, che non può essere messa in discussione da un regolamento condominiale di natura contrattuale e neppure modificata dall'assemblea di condominio; in questo senso il disposto dell'articolo 16 comma 8 della norma in esame stabilisce che il condominio alimentato da teleriscaldamento o da teleraffrescamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, che non ripartisce le spese in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 5, lettera d), è soggetto ad una sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro.

Appare di tutta evidenza che la ragion d'essere della norma possa essere quella di favorire un minor o più oculato consumo delle energie. Si dovrebbe così osservare che deve ritenersi quantomeno annullabile la delibera assembleare che non rispetti le norme Uni richiamate dal Dlgs 102/2014; quindi, nella redazione del progetto di contabilizzazione e ripartizione delle spese di consumo del riscaldamento, è necessario tenere conto delle dispersioni di calore e non sarebbe conforme alla normativa vigente e alla Uni 10200 non attribuire un valore – ancorché ipotetico e forfettario – alle dispersioni dell'impianto centrale che vadano a vantaggio di proprietà esclusive, come nel caso in cui i tubi di un impianto di riscaldamento centralizzato, attraversando gli appartamenti di proprietà esclusiva, apportino in favore degli stessi un vantaggio termico.

I consumi volontari e quelli involontari
La Uni 10200 distingue, infatti, due tipologie di consumi connessi al riscaldamento: volontari ed involontari. I primi prevedono una quota variabile e si riferiscono alle abitudini dei singoli condòmini, che regolano a loro piacimento, (nel rispetto dei limiti di legge), la temperatura dei caloriferi. I consumi involontari, al contrario, non dipendono dalle azioni degli utenti e riguardano soprattutto le dispersioni di calore dell'impianto, ricollegabili alla distribuzione di accumulo.

Questi consumi vanno suddivisi in base ai millesimi di riscaldamento calcolati da un tecnico abilitato e tengono conto del fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari, ossia della quantità di energia che ogni appartamento dovrebbe idealmente prelevare per mantenere una temperatura interna costante di 20 °C durante l'intero periodo in cui è attivo il riscaldamento.

Nel calcolare il fabbisogno, infatti, il tecnico dovrebbe considerare solo le parti comuni ed eventualmente consigliare qualche modifica alle stesse (ad esempio, la realizzazione di un cappotto termico, la coibentazione del tetto, ecc). Sono invece escluse le migliorie che riguardano gli interni delle singole unità immobiliari (sostituzione degli infissi, isolamento delle pareti, ecc), considerati ai fini della redazione della tabella interventi irrilevanti.

Esistono comunque dei casi in cui non è possibile tecnicamente applicare la norma Uni 10200 o non è proporzionato in termini di costi rispetto all'obiettivo del risparmio energetico. Su questo, il Dlgs 141/2016 – che ha modificato sul punto il Dlgs 102/14 – ha chiarito che questo si verifica - anche, ma non solo - quando siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento.

In casi simili, in presenza di una relazione tecnica che attesti la differenza di fabbisog no termico, l'assemblea può decidere di suddividere le spese calcolando almeno il 70% di consumo volontario e ripartendo la restante percentuale in proporzione ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà.

Ora appare evidente che la suddivisione degli oneri dell'impianto di riscaldamento avvenga o per millesimi ed ai sensi della legge 102/14, con quel criterio dei consumi volontari ed involontari, salvo le differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento; in casi simili, in presenza di una relazione tecnica che attesti la differenza di fabbisogno termico, arriva la norma con l'applicazione di un 70% di consumo volontario e ripartendo la restante percentuale in proporzione ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà (punto d) articolo 9 comma 5 del Dlvo 102/14.

D'altro lato l'interpretazione giurisprudenziale ha precisato che le spese del riscaldamento centralizzato possono essere validamente ripartite in base al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite solo se manchino sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna di esse, che ne consentano il riparto in proporzione all'uso (Cassazione Civile 22573/2016; Cassazione Civile . 19651/2017; Cassazione Civile 6128/2017; Cassazione Civile 9263/1998).

L'interpretazione autentica della norma
Il ministero dello Sviluppo cconomico, Direzione generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica, il nucleare Divisione VII – Efficienza energetica e risparmio energetico chiarimenti in materia di termoregolazione e contabilizzazione del calore applicazione del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 – articolo 9, comma 5 giugno 2017 ha fornito chiarimenti per l'applicazione delle disposizioni previste dal decreto legislativo 4 luglio 2014, numero 102, e in particolare dell'articolo 9, comma 5, in materia di termoregolazione e contabilizzazione del calore negli edifici per cui la perizia tecnica deve essere fatta con riferimento a tutto il condominio o edificio polifunzionale considerando che la condizione d'inefficienza in termini di costi indicata nella legge, non può riferirsi ad una singola unità immobiliare e quindi esentare eventualmente l’unità dall'installazione dei dispositivi previsti e dalla conseguente suddivisione dei costi secondo i consumi individuali.

Si deve, infatti, avere riguardo per le dispersioni di calore dell'impianto, ossia perdite della rete di distribuzione, cioè le dispersioni del calore cheavvengono dalle tubature prima che raggiungano gli appartamenti.

La presenza dell'androne
La questione portata dalla condomina impugnante riguarda la pretesa di un diritto quesito di riparto per gli oneri di riscaldamento da sostenere, sostanzialmente, a causa della presenza dell'androne. Si osserva che la situazione dell'immobile esclusivo della condomina non può essere rapportata all'applicazione della norma (tecnico che verifica il complesso e stabilisce i fabbisogni anche individuali), la quale deve trovare applicazione integrale, quale eccezione sulla questione di differenze del 50%.

Posto il fatto che non può essere imputato al condominio la collocazione dell'immobile sopra l'androne e dunque palesemente un maggior costo di riscaldamento, valga anche che il condominio abbia contribuito ad aumentare i radiatori della condomina, ma oggi, quanto la norma adempiuta, non si rapporta ai radiatori ma come detto al fabbisogno calorico calcolato che prescinde da quanti radiatori possa avere ogni singolo immobile esclusivo.

Il sistema Uni 10200 effettivamente penalizza nel calcolo dei millesimi sia i primi piani che gli ultimi, perché evidentemente sottosposti a maggior dispersione, ma rappresenta un semplice calcolo fatto dal tecnico che toglie ogni discrezionalità allo stesso.

Dal prospetto allegato in giudizio, emergeva infatti che ad altri immobili, in una posizione del complesso condominiale, che comportavano evidentemente un maggior apporto di riscaldamento erano stati imputati millesimi che tenevano conto di fabbisogno energetico maggiore; di conseguenza, la maggior esposizione dell'immobile nel condominio, rispetto a quelli invece posti in piani superiori al primo e comunque non agli ultimi piani, non può essere addebitata al complesso dei condomini.

E non rileva che l'assemblea precedente avesse visto l'intervento dei condomini tutti nel sostenere la spesa dei radiatori (in più), ma alla luce della norma successivamente entrata in vigore il cambio dei millesimi appariva legittimo per applicazione corretta della norma. La domanda attorea è stata, quindi, respinta.

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