Fisco

Intesa per evitare il rinnovo di un affitto commerciale: non si può poi cambiare idea

Nel caso specifico il locatore pretendeva di rinnovare tacitamente di ulteriori sei anni

di Fabrizio Plagenza

La locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo (cosiddetto uso commerciale) è disciplinata dalla legge 27 luglio 1978 numero 392. Gli articoli di riferimento vanno dal 27 all'articolo 42.

La durata del contratto
Ai sensi del primo articolo, la durata minima del contratto di locazione commerciale deve essere di almeno sei anni, per le attività che potremmo definire “commerciali” in senso stretto, individuate dalla norma richiamata. La durata di questi contratti sarà poi di almeno nove anni nei casi specifici in cui l'immobile sia adibito ad albergo o simili (ex articolo 1786 Codice civile) oppure sia utilizzato per l'esercizio di attività teatrale. Nei casi in cui viene stabilita una durata inferiore o non c’è cenno ad alcuna durata, la locazione si intende concordata per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti (vale a dire sei anni oppure nove).

Il rinnovo tacito
Nei contratti di locazione ad uso commerciale, la legge citata prevede, all'articolo 28, il rinnovo tacito di sei anni in sei anni e per gli immobili adibiti ad attività alberghiere, di nove anni in nove anni. La rinnovazione opera, dunque, automaticamente, salvo disdetta da comunicarsi all'altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza.

Il locatore può rifiutare la rinnovazione, alla prima scadenza contrattuale soltanto, per i motivi previsti dal successivo articolo 29. Fatta questa doverosa premessa, ci si chiede se il locatore, successivamente alla stipula del contratto di locazione, possa decidere di rinunciare al rinnovo automatico previsto dalla legge alla prima scadenza.

La pronuncia della Suprema corte
Sul punto, è intervenuta una recente pronuncia della Cassazione, sezione III, ordinanza numero 5127 del 26 febbraio 2020, la quale ha chiarito che i diritti vantati dal locatore, una volta sorti, «sono disponibili dalle parti e possono, quindi, essere oggetto di rinuncia». Nel caso giunto innanzi alla Corte, le parti avevano stipulato un contratto di locazione di un immobile adibito ad uso commerciale ed avevano pattuito l'obbligo del conduttore (in violazione delle norme imperative di cui agli articoli 28 e 29 della legge 392/1978) di riconsegnare il bene locato alla prima scadenza contrattuale della durata legale di sei anni.

Considerato che nel corso del rapporto locatizio, il conduttore (peraltro subentrato a sua volta al conduttore originario) provvedeva a comunicare che, nel rispetto del contratto, avrebbe riconsegnato l'immobile alla scadenza pattuita per i primi sei anni, il locatore, evidentemente cambiando l’intenzione rispetto a quella originariamente oggetto del contratto, conveniva in giudizio il conduttore per fare accertare la prosecuzione del rapporto altri sei anni.

I motivi
La Corte di Cassazione ha ritenuto, tuttavia, di dover dare ragione al conduttore che, facendo fede sulla volontà espressa dalle parti nel contratti di locazione, intendeva riconsegnare l'immobile locato già al termine della prima scadenza. Il locatore, per la Suprema corte, non poteva avere ragione nel rivendicare il rinnovo del contratto, ritenendo «valida la successiva rinuncia al rinnovo stesso, poiché, conforme all'originaria volontà delle parti (che avevano già dall'origine previsto la cessazione del rapporto alla prima scadenza ), nonchè a seguito dell'accertata rinuncia del conduttore subentrato a fare valere la nullità degli iniziai accordi».

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