Gestione Affitti

Sfratto per morosità. Si presume la conoscenza dell’atto giunto all’indirizzo del destinatario

Nei contratti ad uso abitativo, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale deve solo provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza

di Va. S.

La si potrebbe definire una “leggenda metropolitana” dell'universo condominiale quella che il mancato ritiro di un atto come una intimazione di sfratto comporti l'invalidità dell'atto stesso. Il Tribunale di Roma, pronunciandosi nella sentenza 18362 del 2019 ed applicando quanto previsto dall'articolo1335 Codice civile, ha chiarito che si presume la conoscenza degli atti ricettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto stesso nel luogo indicato ed è sufficiente che il mittente dimostri l'avvenuto recapito della dichiarazione all'indirizzo del destinatario (Cassazione 4352/1999; Cassazione Ordinanza 15834/17).

Il caso in esame
La vicenda in questione era originata dall'atto di citazione di una società proprietaria di un immobile nei confronti del proprio locatario al quale intimava lo sfratto per morosità per il mancato pagamento degli oneri condominiali maturati dalla sottoscrizione del contratto del 5 marzo 2015 sino al 21 marzo 2018, per complessivi 1.855,91 euro, tenuto conto che il canone mensile di locazione era pari ad euro 600,00.

L'intimante chiedeva al tribunale di emettere un decreto ingiuntivo e, in caso di opposizione dell'intimato, l'ordinanza di rilascio, precisando che, a seguito di approvazione del bilancio consuntivo e preventivo, aveva provveduto a richiedere il pagamento di questi importi alla società ma che la raccomandata era tornata indietro per compiuta giacenza ed alla pec inviata non era giunto alcun riscontro.

All'udienza di convalida si costituiva in giudizio l'intimata che si opponeva all'emissione della convalida e dell'ordinanza di rilascio, deducendo che i conteggi relativi agli oneri condominiali non fossero corretti, in quanto imputati ad un immobile diverso da quello effettivamente occupato, e di non essere mai stata convocata alle assemblee condominiali, oltre a non avere mai ricevuto i verbali.

Contestando, inoltre, la ripartizione delle spese di riscaldamento in millesimi rispetto invece, agli effettivi consumi, chiedeva la nullità dell'atto di citazione ed il rigetto di tutte le domande, oltre alla rielaborazione dei conteggi degli oneri, nel merito, di rigettare le domande avverse; in via subordinata, di ordinare al Condominio la rielaborazione dei conteggi degli oneri accessori.

Successivamente all'ordinanza del giudice che disponeva il rilascio dell'immobile, la ricorrente ribadiva la persistenza della morosità intimata e precisava che la resistente, oltre a non avere mai corrisposto alcun canone di locazione, non aveva corrisposto alcunché a titolo di oneri condominiali in violazione dell'articolo 20 del contratto che stabiliva che tutte le spese accessorie condominiali e di utenze fossero interamente a carico del conduttore.

Il fallimento del conduttore
Sottolineava, inoltre, che la società era fallita nel 2017 e che la stessa, proprietaria di numerose unità immobiliari, non aveva mai partecipato alle assemblee condominiali. Ragione per cui non era stato possibile costituire regolarmente un'assemblea condominiale per l'approvazione dei rendiconti sino al subentro del fallimento. Solo nel gennaio 2018 veniva approvato il rendiconto del 2016 e quello del 2017 fino ad ottobre 2017, mentre nel giugno 2018 veniva approvato il bilancio da ottobre 2017 a dicembre 2017 oltre al preventivo per l'anno 2018.

A seguito di proprie verifiche, il curatore fallimentare inviava alla resistente sia una Pec in data 28 marzo 2019, mai riscontrata, che una raccomandata che si perfezionava per compiuta giacenza. La ricorrente rilevava che non vi era stato alcun errore relativo alla erroneità dell'identificazione dell'immobile, con particolare riferimento ai millesimi imputati alla resistente. Le delibere condominiali, inoltre, non erano state impugnate nelle modalità previste dalla legge.

La società resistente aveva ricevuto la Pec del 28 marzo 2018, regolarmente ricevuta e consegnata, pertanto, non essendo stati contestati gli importi nei sessanta giorni successivi, dovevano ritenersi dovuti. Precisando che la morosità era superiore a due canoni di locazione, pari ad euro 600,00 mensili ciascuno, chiedeva il rigetto di tutte le eccezioni spiegate dalla resistente e la risoluzione del contratto per inadempimento grave della convenuta, il rilascio dell'immobile e la condanna al pagamento degli oneri condominiali intimati.

La risoluzione del contratto
Per il Tribunale, la domanda attorea di risoluzione del contratto di locazione è stata giudicata fondata in quanto era provato che le somme intimate a titolo di oneri condominiali risultavano dovute dalla conduttrice ai sensi ed agli effetti dell'articolo 20 del contratto di locazione. La prova del mancato pagamento si evinceva dal rendiconto consuntivo del 2016 e 2017 e dal preventivo 2018 per i millesimi relativi all'immobile corrispondente a quello locato.

L'invio da parte del curatore fallimentare alla resistente di una diffida di pagamento via pec e tramite raccomandata è stata ritenuta correttamente inviata e la consegna perfezionata secondo quanto previsto dall'articolo 1335 Codice civile in virtù del quale si presume la conoscenza degli atti ricettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato, considerato che per il mittente è sufficiente che dimostri l'avvenuto recapito della dichiarazione all'indirizzo del destinatario.

Nei contratti ad uso abitativo, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi all'allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa.

Il Tribunale di Roma ha, perciò, dichiarato risolto il contratto sottoscritto per inadempimento grave della locataria.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©