Gestione Affitti

Affitto non pagato, il giudice non ha discrezionalità sull’entità dei ritardi

di Rosario Dolce

In tema di locazione di immobili urbani, adibiti ad uso abitativo, nel caso in cui il conduttore, senza effettuare alcuna contestazione sul quantum, abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo, la valutazione della gravità e dell'importanza dell'inadempimento non può essere rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice, ma è predeterminata per legge (si vedano le sentenze del Tribunale di Roma 19442 del 09 ottobre 2019 e 19213 del 08 ottobre 2019 ). E anche altri magistrati la pensano così. Inoltre, si possono anche chiedere i danni .

La norma speciale
Occorre fare riferimento all'articolo 5 della legge n. 392 del 27 luglio 1978, il quale prevede che il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori (tra cui vanno annoverati gli oneri condominiali) quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile.

La norma detta una presunzione assoluta di gravità dell'inadempimento, con il chiaro intento di sottrarre alla discrezionalità del giudice l'apprezzamento della non scarsa importanza dell'inadempimento.

I due presupposti
In tal caso, si ancora tale valutazione a due presupposti oggettivi, uno di tipo quantitativo, consistente nel mancato pagamento di una rata del canone o di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone, ed uno di ordine temporale, dato dal protrarsi dell'inadempimento per oltre venti giorni dalla scadenza del termine convenuto o di due mesi in caso di oneri accessori.

Il «termine di grazia»
Unica eccezione al principio è dettata dall'articolo 55 della legge citata, a mente del quale: «La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice. Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta. In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato».

Morosità e incompatibilità logico-giuridica
In tema di sfratto per morosità, peraltro, sussiste incompatibilità logica tra opposizione alla convalida e richiesta di sanatoria di cui al citato articolo 55 (qualificato, in gergo, come “termine di grazia”), che – a differenza della prima – presuppone una non contestazione alla domanda del locatore, cui infatti il conduttore moroso ammesso al beneficio deve corrispondere non solo il capitale e gli interessi, ma anche l'importo delle spese processuali (da ultimo, Corte di Cassazione, 24.03.2006 n. 6636).

Violazione del termine di grazia
Il termine prefissato dei venti giorni dalla scadenza prevista dall'articolo 5 fissa, dunque, un criterio di predeterminazione legale della gravita dell'inadempimento e ciò anche quando si tratti di morosità relativa agli oneri accessori (Cfr, Corte di Cassazione 8628/2006).

Tuttavia, al di fuori delle circostanze citate, può argomentarsi che il pagamento delle morosità intimate dopo l'introduzione del contraddittorio non possa costituire sanatoria, oltre che della morosità intimata, anche della vicenda giuridica relativa alla pretesa di inadempimento.

In tal caso, secondo il tribunale capitolino, si applicherebbe la previsione del terzo comma dell'articolo 1453 codice civile, per la quale si esclude che il debitore possa adempiere alla propria obbligazione successivamente all'introduzione della domanda di risoluzione contrattuale.

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