Gestione Affitti

Codice per gli affitti brevi, a Roma arriva il «Ciu», in Veneto c’è la targa

di Mi. Fi.

È attraverso il codice identificativo, anche per chi affitta stanze o appartamenti ai turisti, che Comuni e Regioni cercano di “controllare” il fenomeno Airbnb. A Roma, ad esempio, l’invio è iniziato a metà novembre, tramite Pec. Ai titolari di alloggi da destinare ad affitto breve che hanno presentato richiesta al Campidoglio, stanno arrivando in queste ore i primi Ciu (Codice identificativo unico), che diventeranno obbligatori dal 1° gennaio 2020 per le comunicazioni periodiche legate alla tassa di soggiorno.

Il Ciu viene attribuito dallo Sportello unico per le attività ricettive del Comune di Roma agli alloggi destinati all’affitto breve gestiti come attività ricettiva, in modo tale da coordinare la riscossione al monitoraggio dei flussi turistici. Questo codice si affianca al sistema di registrazione online predisposto dalla Regione Lazio e che consente di ottenere il Cise (cioè il Codice unico regionale) per il censimento delle strutture extra alberghiere e degli alloggi a uso turistico, da utilizzare in ogni comunicazione inerente la promozione dei servizi all’utenza.

Non è ancora chiaro come (e se) si coordineranno nella Capitale le due procedure identificative per gli affitti brevi, ma di sicuro si tratta di un bel percorso ad ostacoli i proprietari. Senza contare che - in attesa di un intervento a livello nazionale - chi possiede appartamenti in più città, magari che insistono su territori amministrati da Regioni diverse, dovrà moltiplicare gli adempimenti necessari.

In Italia, tra le regioni apripista vi sono Lombardia e Toscana, che con hanno deciso di introdurre i Cir, ovvero dei codici identificativi che sono tenuti ad adottare e comunicare coloro che concedono in locazione alloggi (in strutture non alberghiere) con finalità turistiche prenotati tramite web o agenzia.

In particolare, la Lombardia, a seguito della sentenza 84/2019 della Corte costituzionale, ha riconosciuto che la locazione breve è cosa diversa dall’attività ricettiva e, quindi, con decreto del direttore generale 13056 del 17 settembre scorso ha approvato un modulo per la comunicazione al Comune distinto da quello delle Cav (strutture ricettive non alberghiere, come i bed and breakfast). Questo modello, però, diventerà operativo dal 1° gennaio 2020, rendendo di fatto impossibile “regolarizzarsi” (e ottenere il Cir) ai proprietari che affittano prima di quella data.

La Regione Veneto ha addirittura previsto che chi dà in locazione breve il proprio alloggio debba esporre una targa all’esterno dell’alloggio e anche all’esterno del condominio (regolamento regionale di attuazione dell’articolo 27-bis della legge regionale 11/2013, pubblicato nel Bur il 20 settembre scorso). In Puglia, invece, è stato introdotto il Codice identificativo di struttura (Cis) assieme a un registro regionale delle strutture ricettive non alberghiere per facilitare il censimento e il controllo contro l’abusivismo. In Liguria, infine, sono attivi i codici per le strutture ricettive (Citra) e i codici degli appartamenti ammobiliati a uso turistico (Aaut) dati in locazione dai proprietari, al massimo tre per territorio comunale.

Tutte queste norme, se dovesse entrare in vigore una disciplina nazionale, dovranno presumibilmente e in tempi brevi adeguarsi alle novità e introdurre un coordinamento nazionale dei codici identificativi.

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