Gestione Affitti

Se la casa è «nelle disponibilità» può essere data in comodato e anche chiesta indietro

di Selene Pascasi

Chiunque abbia la disponibilità di fatto di un appartamento, in base ad un titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente locarlo o concederlo in comodato. Di conseguenza, sarà anche legittimato a chiederne la restituzione se il rapporto venga a cessare. Lo ricorda la Corte di cassazione con ordinanza n. 28000 del 31 ottobre 2019 (relatore Olivieri).

La lite
Al centro della lite, la decisione del collegio di appello di bocciare l'impugnazione proposta avverso la pronuncia con cui il tribunale capitolino – dichiarata la cessazione di un rapporto di comodato su un immobile ad uso abitativo – aveva condannato la comodataria al rilascio. Secondo i giudici di merito, non solo non era stata dimostrata la detenzione ad altro titolo della comodataria ma la donna non aveva neanche provato le diverse modalità con cui era entrata in possesso del bene. Questo, perché dagli atti non era emersa la qualità di socia della cooperativa originaria proprietaria dell'immobile che – a suo avviso – avrebbe bloccato il rilascio.
Invece, scrive la Corte di appello, non era rilevante accertare il titolo che legittimava la comodante ad agire per il rilascio: ciò che conta è che avesse la disponibilità del bene al momento della materiale consegna. E mancando sia una diversa pattuizione delle parti che un riferimento al termine di efficacia del contratto, quello intercorso tra le parti andava inteso come un comodato precario, risolvibile all'istante. La comodataria, convinta delle proprie ragioni, porta il caso in cassazione insistendo, sostanzialmente, sul difetto di legittimazione della controparte “decaduta” – per aver venduto l'immobile a terzi – dalla facoltà di agire per il rilascio.

La Cassazione
Tesi respinta. Non è detto, spiega la Cassazione, che con il trasferimento della proprietà l'acquirente fosse subentrato nel possesso del bene che poteva esser rimasto nella disponibilità della signora o essere stato concesso a titolo diverso. Ed è vero, prosegue, che il comodato (a maggior ragione se precario) non è opponibile al terzo acquirente ma è anche vero che l'appunto riguarda solo l'ipotesi in cui il bene venduto continui ad essere occupato dal comodatario, se ed in quanto il proprietario intenda fare valere il suo diritto, manifestando inequivocamente la volontà di recuperarne la disponibilità materiale, chiedendo al venditore l'adempimento della obbligazione di consegna o esercitando l'azione di rivendicazione.
Diversamente, non si potrà escludere con certezza che il nuovo proprietario voglia mantenere il comodato, subentrando direttamente nel rapporto preesistente o autorizzando l'originario comodante a continuare a disporre dell'immobile. Era corretta, quindi, la soluzione abbracciata dal collegio di appello quando affermava che la sola disponibilità materiale dell'alloggio – provata con la consegna ed immissione della comodataria nella detenzione – fosse sufficiente a riconoscere la titolarità del rapporto di comodato in capo alla vecchia proprietaria.
A suffragare una tale impostazione, ricorda la Cassazione, è il principio per cui «chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme d'ordine pubblico, può validamente concederla in locazione, comodato o costituirvi altro rapporto obbligatorio ed è in conseguenza legittimato a richiederne la risoluzione, nell'ipotesi in cui sussista l'inadempimento del conduttore, ovvero la restituzione, allorché il rapporto venga a cessare» (Cassazione n. 22346/2014; Cassazione n. 30550/2017). Dirimente, quindi, la liceità del possesso. Ebbene, nella fattispecie, il possesso non poteva ritenersi illecito soltanto perché – accusava la ricorrente – si trattava di una detenzione esercitata in base ad un atto amministrativo illegittimo.
In effetti, a ben vedere, quella detenzione seguiva un atto di assegnazione provvisoria dell'alloggio che, a prescindere dalla contestata illegittimità, non era stato ancora revocato né era decaduto. Ma neanche l'eventuale emissione del provvedimento di decadenza o revoca dell'assegnazione per abusiva cessione del godimento dell'immobile ad un terzo avrebbe comportato il venir meno della legittimazione ad agire dell'assegnatario fino alla notifica dell'atto (Cassazione n. 5159/1992). Queste le motivazioni per cui, a prescindere dalla lamentata irregolare detenzione del bene, la comodante aveva il diritto di pretenderne ed ottenerne il rilascio.

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