Gestione Affitti

Il canone si può sospendere solo a fronte dell’impossibilità di usare l’immobile

di Selene Pascasi

Percorso alternativo per l'inquilino: rivolgersi al giudice per reclamare i vizi dell'appartamento esistenti alla consegna idonei a far vacillare il contratto o agire in autotutela sospendendo, ma solo per mancanza assoluta della controprestazione, il pagamento del canone. Lo puntualizza la Corte di cassazione con sentenza n. 16917 del 25 giugno 2019 (relatore Graziosi).
Accende la questione, poi snodatasi in quattro cause separate, la locazione di un immobile ad uso alberghiero da parte di una S.a.s. Tutto nella norma finché la società chiede la condanna dei tre proprietari ad eseguire opere di manutenzione straordinaria sullo stabile, a restituirle i canoni non dovuti e circa tremila euro per risarcimento danni. Nel contempo, avendo l'hotel comunicato ai titolari l'intenzione di voler sospendere (come avvenuto) il versamento del corrispettivo pattuito per grave inadempimento dei loro doveri, questi avevano avviato lo sfratto per morosità cui controparte si era opposta.
Riuniti tutti i procedimenti e disposta una consulenza tecnica per appurare le condizioni del bene, il tribunale dichiarava il contratto risolto per inadempimento della conduttrice, che condannava a mettersi in regola con i sospesi e a rifondere le spese del processo. Ritoccata solo in parte la pronuncia dalla Corte di appello, la lite arriva in cassazione.
A spiccare tra i diciotto motivi di ricorso formulati dalla società, il fatto che i giudici di secondo grado avessero ritenuto legittima la sospensione totale o parziale del pagamento del canone solo in presenza di un'oggettiva proporzione tra i rispettivi inadempimenti e, quindi, in caso di compromissione totale del godimento da parte del conduttore. In realtà, precisa il legale dell'hotel, l'articolo 1460 del Codice civile non farebbe alcun riferimento all'importanza dell'inadempimento di controparte per cui il diritto alla sospensione andrebbe riconosciuto indipendentemente dalla proporzionalità dei singoli obblighi, fermo il principio di correttezza contrattuale che – nella vicenda – era stata comunque rispettata.
In ogni modo, annota, era stata omessa la verifica della reale incidenza dei singoli inadempimenti sull'equilibrio negoziale. Tesi bocciata perché contraddittoria. È vero, premette la cassazione, che l'articolo 1455 del Codice civile afferma che «il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra» ma è anche vero che in quell'evenienza lo scopo è di determinare il presupposto della risoluzione contrattuale.
Diversamente, l'articolo 1460 non ha nulla a che fare con la risoluzione perché si limita a sospendere l'adempimento dell'inquilino senza, tuttavia, liberarlo definitivamente (Cassazione 8760/2019). Infondata, anche la contestazione sulla mancata verifica in appello degli effetti degli inadempimenti sull'equilibrio contrattuale. A prescindere dal rilievo che il collegio – nell'esigere l'intervento del giudice anche per avvalersi dell'articolo 1460 – aveva seguito una rotta cui la cassazione non aderisce, era stata comunque ritenuta giustificata la sospensione totale del pagamento del canone esclusivamente in caso di completa compromissione del godimento del bene.
Di qui, la qualificazione della condotta della S.a.s. come un «fatto arbitrario ed illegittimo che altera il sinallagma contrattuale e determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti» e, dunque, come violazione «colpevole all'obbligo di adempiere esattamente e puntualmente al contratto stipulato ed all'obbligazione principale a suo carico gravante». Del resto, inerendo l'articolo 1460 del Codice civile all'esecuzione del contratto, esso non inciderà sulla radice del rapporto negoziale come vincolo tra le parti a differenza dell'articolo 1578 del Codice civile che, invece, si rifletterà sulla fonte delle obbligazioni apportandone la risoluzione o ripristinandone gli equilibri. Divergenza che, conclude la Cassazione, emerge soprattutto nei contratti di durata come la locazione (Cassazione 8760/2019) dove la risoluzione non può travolgere le obbligazioni sorte nel periodo in cui veniva eseguito. Va, in sintesi, riconosciuto al conduttore l'utilizzo dell'articolo 1460 del Codice civile come strumento di autotutela che si astrae dal coinvolgimento del giudice ma, sia chiaro, solo a fronte di un'assoluta mancanza di controprestazione da parte del proprietario. Queste, le ragioni che hanno motivato il rigetto del ricorso.

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