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La servitù va sempre provata, anche se stabilita per legge

di Valeria Sibilio

Nonostante la legge preveda che il proprietario di un fondo detenga il diritto di ottenere la costituzione di una servitù di passaggio, può accadere, c ome nella sentenza della Cassazione n°20538 del 2019, che la giurisprudenza si trovi a dover stabilire l'esistenza o meno di tale servitù. La vicenda nasce dal ricorso, dinanzi al Tribunale di Monza, di una società per far dichiarare l'inesistenza di una servitù di passaggio pedonale e carrabile sul proprio fondo e di una servitù di posa di cavi e condotti, chiedendo la cessazione di ogni turbativa al godimento dei fondi, il ripristino dello stato precedente mediante l'eliminazione delle aperture create sul confine e la condanna al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa. La convenuta, una seconda società, proponeva riconvenzionale per l'accertamento dell'acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia della servitù o, in subordine, per la costituzione in via coattiva del diritto, chiamando in causa la società che le aveva alienato il capannone esistente sul fondo dominante, ed il notaio che aveva rogato gli atti di acquisto. Il tutto, chiedendo di essere manlevata in caso di condanna. Il tribunale di Monza dichiarava l'inesistenza di entrambe le servitù, ordinando l'immediata cessazione di qualsiasi turbativa e l'eliminazione delle porte create sulla parete dell'edificio, oltre che dei cavi, dei tubi e delle condutture.
Una sentenza confermata anche dalla Corte d'appello di Milano secondo cui gli accertamenti svolti non avevano effetti vincolanti quanto alla natura del potere esercitato dalla ricorrente. Le testimonianze assunte in giudizio, inoltre, dimostravano un uso solo saltuario e il fondo dominante era stato ceduto alla ricorrente da una società diversa da quella originariamente titolare dell'intero complesso, senza sussistere alcuna prova della volontà di quest'ultima di mantenere due accessi distinti agli immobili di causa. Non solo, ma nell'atto di acquisto da parte della ricorrente era indicato chiaramente che l'accesso all'unità immobiliare dovesse avvenire esclusivamente da una via e la costituzione della servitù in via coattiva non rispondeva alle esigenze della produzione e dell'agricoltura.
La convenuta proponeva ricorso per Cassazione basato su cinque motivi.
Nel primo motivo, per la ricorrente, la Corte di appello avrebbe dato credito alle deposizioni di testi che nulla di preciso avevano riferito riguardo alla concreta utilizzazione di due distinti accessi al percorso ed all'esistenza di aperture sulla facciata nord del capannone, giungendo all'errata conclusione che la ricorrente non avesse esercitato il passaggio.
Nel secondo motivo, la sentenza avrebbe ritenuto indispensabile, ai fini dell'usucapione della servitù di passaggio, un transito continuo. Requisito, questo, indispensabile per l'acquisto del diritto di proprietà, mentre per le servitù occorre solo l'esistenza di opere permanenti. A parere della ricorrente, la sentenza avrebbe negato l'esistenza di aperture lungo la parete del capannone.
Nel terzo motivo, la sentenza avrebbe omesso di considerare che il passaggio era stato esercitato sin dall'acquisto del capannone e che la resistente aveva proposto l'azione negatoria dichiarando di voler interrompere l'usucapione. Ammettendo, così, che il transito era stato esercitato con modalità idonee a determinare l'acquisto del diritto.
Nel quarto motivo, la ricorrente lamentava che la Corte distrettuale avrebbe trascurato il fatto che l'interruzione dell'usucapione può verificarsi solo se il possessore sia stato provato del possesso per oltre un anno, mentre, nello specifico, non vi era alcuna prova dell'impossibilità di utilizzare le aperture e di esercitare il transito a decorrere dal 1980, epoca di acquisto del capannone.
I quattro motivi, trattati congiuntamente, sono stati giudicati, dagli ermellini, infondati. La sentenza aveva ritenuto, valorizzando elementi già presi in esame dal giudice di primo grado, che esso fosse però avvenuto per semplice tolleranza. Tale accertamento rifletteva valutazioni di merito sindacabili solo per vizi della motivazione. Fattore inammissibile per contestare il modo in cui il giudice aveva valutato le prove e le altre acquisizioni processuali. La Corte, inoltre, non era vincolata agli accertamenti svolti nel giudizio di reclamo possessorio, in quanto l'autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo.
Avendo la Corte ritenuto che il possesso fosse stato esercitato per semplice tolleranza, era irrilevante accertare se il transito fosse stato interrotto per oltre un anno, non potendo comunque perfezionarsi l'acquisto della servitù per usucapione. Nel quarto motivo, inoltre, il ricorrente contestava alla sentenza di aver escluso l'esistenza di opere visibili realizzate dall'originario proprietario e di aver disatteso immotivatamente le risultanze della consulenza, da cui era emerso che gli immobili erano parte di un'unica consistenza intestata ad una ditta la quale, dopo la costituzione di società satellite, aveva ceduto i vari lotti, mantenendo l'utilizzo della viabilità interna comune.
Nel 1983 l'immobile della ricorrente era stato acquistato da una società per azioni ed era stato concesso in leasing alla suddetta ditta, con estinzione del diritto di passo sul terreno della concedente, fermo restando che l'utilizzatrice aveva comunque beneficiato del transito. Dopo la cessazione del leasing, il cespite aveva riacquistato tutti i diritti e le servitù di cui godeva in passato e l'esistenza del percorso era confermata dai i rilievi fotografici dell'epoca. Un motivo apparso infondato in quanto la sentenza aveva escluso l'acquisto della servitù per destinazione del padre di famiglia poiché, a parere della Corte, non sussisteva alcuna prova che l'originario proprietario dell'intera consistenza immobiliare avesse realizzato opere visibili volte all'esercizio della servitù mentre nell'atto di acquisto era specificato che l'accesso all'immobile dovesse avvenire da una via.
Più in particolare, la sentenza ha ritenuto indimostrato che tra le singole particelle interessate fossero state realizzate opere tali da evidenziare la preesistenza di un asservimento di fatto sin dall'epoca in cui esisteva una unica proprietaria dell'intero complesso. La costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia esigeva che l'originario unico proprietario del fondo avesse asservito le singole porzioni tramite la realizzazione di opere apparenti, e che al momento della divisione o delle vendite, detta situazione fosse rimasta immutata senza alcuna disposizione contraria. La circostanza che la condizione originaria dei luoghi fosse rimasta tale fino alla data dell'acquisto dell'immobile da parte della ricorrente concerne il merito ed il relativo accertamento non è censurabile per violazione di legge, non sostanziando né un'inesatta individuazione della norma regolatrice del caso concreto, né un errore di sussunzione.
Sempre nel quarto motivo, inoltre, la ricorrente si duole che la Corte di appello avesse escluso la costituzione del diritto di passaggio, non considerando che la particella non beneficiava di alcuna servitù convenzionale per l'accesso in direzione Milano, ma fosse solo necessaria per consentire l'accesso dal Comune di Sesto S. Giovanni nel quale è ubicato il fondo dominante.
La sentenza avrebbe omesso, infine, di pronunciare sulla domanda volta ad ottenere la posa delle condutture elettriche e telefoniche. Una censura che, per la Suprema Corte, non ha meritato accoglimento. In caso di interclusione, è sufficiente che il fondo non abbia alcuno sbocco sulla strada pubblica o non possa procurarselo senza eccessivo dispendio, mentre, se il bene è munito di un accesso insufficiente che non possa essere ampliato, è necessario che esso non sia munito di un accesso adeguato e che il passaggio coattivo risponda alle esigenze di sfruttamento agricolo o industriale del fondo dominante ed a finalità che devono trascendere gli interessi individuali delle parti. Occorre, perciò, che il richiedente dimostri che, mediante la costituzione della servitù, sia possibile realizzare un più intenso sfruttamento del fondo anche a vantaggio dell'interesse generale della produzione o dell'agricoltura. Nello specifico, come ha osservato la Corte di merito, la servitù era non solo diretta ad ovviare ad inconvenienti pratici senza alcuna evidenza dell'eventuale finalizzazione del transito rispetto alle esigenze generali della produzione o in vista di un'ulteriore valorizzazione dell'attività d'impresa, ma l'immobile era già servito da altro adeguato e sufficiente accesso alla via pubblica rispetto al quale non era ipotizzabile alcuna necessità di un ulteriore ampliamento che, pur se utile o necessario, fosse precluso in concreto o particolarmente oneroso.
Riguardo alla denunciata omissione di pronuncia, la ricorrente, in violazione del principio di specificità del ricorso, aveva omesso di indicare quale fosse il contenuto delle censure portate all'esame del giudice di appello, impedendo di vagliare la ritualità e decisività del motivo di gravame.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali pari ad euro 200,00 per esborsi ed euro 5.300,00 per compenso.

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