Gestione Affitti

Affitto, tutti i documenti vanno indirizzati all’indirizzo indicato anche dopo il rilascio

di Selene Pascasi

L'indirizzo eletto per le comunicazioni vale anche nell'ipotesi di rilascio dell'immobile. L'intento? Quello di favorire la ricezione di tutti i documenti lì successivamente pervenuti. Lo precisa la Corte di cassazione con sentenza n. 19524 del 19 luglio 2019.
Al centro della disputa, la cessione di una birreria da una società ad un'altra. Cessione di cui il proprietario del locale era stato subito informato. Ma presso l'abitazione dei soci della S.a.s. subentrata, veniva recapitato un plico raccomandato – inviato dal legale rappresentante della ditta che gestiva da anni l'attività – nel quale era contenuta una busta con l'avviso di disdetta della locazione alla seconda scadenza, trasmesso da parte del locatore. La disdetta, contestano i soci, era tardiva. Il contratto, perciò, andava automaticamente rinnovato. Peraltro, aggiungono, il carteggio era pervenuto in un luogo non più occupato forse perché, ipotizzano, nel negozio di locazione la S.a.s. conduttrice dichiarava di eleggere domicilio, per tutte le questioni contrattuali, nei locali presi in locazione anche se rilasciati.
Ma quella clausola, polemizzano, era vessatoria e, quindi, invalidamente apposta giacché non supportata da specifica approvazione scritta. Il proprietario insiste per la tempestività della disdetta invocando la dichiarazione di scadenza del contratto e la fissazione della data di esecuzione e la questione – dopo varie vicissitudini e l'intervento dell'affittuaria dell'azienda oggetto di contratto – arriva sul tavolo della cassazione che, però, sancisce la regolarità della clausola contenente la scelta del luogo ove recapitare ogni comunicazione relativa al contratto. Ne andava esclusa, spiega, la natura vessatoria che avrebbe comportato la necessità, a pena di nullità, di un puntuale e distinto consenso scritto.
La norma di riferimento, ricordano i giudici di Piazza Cavour, è l'articolo 1341 del Codice civile per il quale «Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria».
Previsione che, secondo consolidata giurisprudenza, è subordinata alla ricorrenza di due condizioni: l'idoneità del contratto a regolare una serie indefinita di rapporti e la predisposizione unilaterale da parte di uno dei contraenti (Cassazione n. 7403/2016). Se, invece, il testo contrattuale risulti concordato e, dunque, preceduto da una fase di libere trattative sul contenuto, la clausola sarà legittima a prescindere da chi abbia preso preso l'iniziativa di inserirla (Cassazione n.7605/2015). Ed è esattamente il caso processuale, non risultando che la società ricorrente si sia trovata di fronte all'alternativa di accettare o rifiutare nella loro interezza le condizioni predisposte da controparte (Cassazione n. 347/2019).
Quanto alla disdetta, trattandosi di atto negoziale unilaterale e recettizio che assolve la funzione di impedire la prosecuzione di un rapporto, la si riterrà conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario se non provi «di essere stato senza sua colpa nell'impossibilità di averne notizia». Per rendere efficace la cessazione del contratto di locazione, allora, bastava averla recapitata all'indirizzo della società conduttrice dandole modo di venirne a conoscenza (Cassazione n. 9791/2019). Non è un caso che il codice attibuisca rilivo all'indirizzo come figura di localizzazione del destinatario di una dichiarazione recettizia che si differenzia dalla notifica di un atto giudiziario soggetta a ben differenti regole. Ebbene, nella vicenda, con la ricezione della disdetta (collegata alla consegna della lettera dall'addetto al recapito postale a persona trovata all'indirizzo esatto del destinatario) la dichiarazione del proprietario doveva dirsi giunta alla società poiché pervenuta nella sua sfera di controllo.
La S.a.s., inoltre, non poteva pretendere di sottrarsi all'operatività della presunzione sostenendo che a ritirare il plico fosse stato un ex addetto, tenuto conto che eleggere un luogo – anche qualora non più occupato – «non poteva non implicare da parte sua l'adozione di modalità organizzative che le permettessero di essere resa edotta e di esserlo tempestivamente delle comunicazioni ivi pervenute ed a lei destinate». E se la tardiva conoscenza le era imputabile, il ricorso andava bocciato.

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