Gestione Affitti

Non si può autoridursi l’affitto invocando la mancanza del certificato di agibilità

di Valeria Sibilio

Uno dei principali doveri dell'inquilino è il pagamento del canone di locazione e delle spese condominiali. Tuttavia, può accadere che, lamentando vizi nell'immobile, il conduttore decida di autoridursi il canone. Una procedura che, legalmente, rappresenta un fatto arbitrario ed illegittimo attraverso il quale il locatore può procedere alla risoluzione del contratto per inadempimento.
Un caso inerente questa problematica è quello rappresentato dalla sentenza 8640 del 2019, nella quale il Tribunale di Roma ha valutato una vicenda nata dall'atto di citazione con il quale la proprietaria di un immobile intimava, alla propria conduttrice, lo sfratto per morosità. L'immobile era stato concesso in locazione, a uso abitativo, alla convenuta con un contratto nella quale quest'ultima si impegnava al pagamento di un canone mensile di euro 2.500.000, oltre ad euro 10.000,00 da versare in 20 rate mensili di euro 500,00 per imborso di indennità di occupazione dell'immobile a fare data dal ottobre 2016 al marzo 2017 da corrispondersi mediante bonifico bancario da eseguire entro il giorno 5 di ogni mese.
Il conduttore aveva omesso di saldare il canone dall'agosto 2017 al settembre 2017 per euro 7.500,00 oltre euro 1500,00 per il mancato pagamento delle rate per indennità di occupazione per un periodo pregresso. La parte attrice, perciò, chiedeva al tribunale di convalidare lo sfratto come intimato e, in caso di opposizione, di emettere ordinanza di rilascio provvisoriamente esecutiva, chiedendo, inoltre, di pronunciare un decreto ingiuntivo di pagamento dei canoni scaduti ed a scadere sino alla data del rilascio, col favore delle spese di lite.
La convenuta, chiedendo la declaratoria di nullità del contratto di locazione, rigettava le domande attrici, chiedendo di accertare e dichiarare risolto il contratto per inadempimento della locatrice e di ridurre il canone in misura proporzionale all'esito dell'istruttoria, chiedendo di applicare al contratto la normativa relativa all'uso prevalente ed in particolare all'uso commerciale. Inoltre, chiedeva la condanna della locatrice al risarcimento del danno patrimoniale, eccependo di avere sospeso il pagamento dei canoni mensili per i vizi strutturali dell'immobile e per carenze di qualità giuridico-amministrative, rilevando che l'immobile non risultava avere le certificazioni degli impianti e di agibilità, oltre a problemi strutturali e di staticità a causa di visibili lesioni presenti all'interno dello stesso. La convenuta chiedeva, perciò, di dichiarare nullo e risolto il contratto di locazione, con la rifusione delle spese del giudizio.
La ricorrente, nella propria memoria integrativa, sottolineava che la convenuta aveva già occupato l'immobile prima della sottoscrizione del contratto e che, quindi, era perfettamente a conoscenza dello stato dei luoghi. Inoltre, non erano mai state mosse contestazioni sullo stato dell'immobile sino all'instaurazione del giudizio.
A seguito dell'esito negativo della procedura di mediazione, nonostante la proposta del mediatore e la disponibilità della locatrice, l'immobile veniva rilasciato dal conduttore il 19 dicembre 2017.
Per il Tribunale, la ricorrente aveva imputato alla convenuta di avere lasciato insoluti i canoni da agosto a novembre 2015, e totalmente inevase le mensilità successivamente scadute. In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo della pretesa altrui. Pertanto, spettava alla convenuta di eccepire e dimostrare fatti impeditivi, estintivi o modificativi, idonei a precludere la domanda principale.
Il Tribunale ha, perciò, ritenuto sufficiente il fatto che la resistente avesse dedotto e documentato che l'immobile era stato occupato sin dall'anno 2016, prima ancora della sottoscrizione del contratto di locazione ad uso abitativo, per escludere il vizio paventato dalla parte intimata. Inoltre, i giudici, hanno rigettato anche l'eccezione relativa all'inesistenza del certificato di agibilità e degli abusi lamentanti, in quanto la mancanza di certificazione di abitabilità non importa una nullità del contratto locatizio, non incidendo, i vizi, sulla liceità dell'oggetto o della causa del contratto.
L'eccezione paventata non era conforme alla buona fede, in quanto non risultava che la convenuta avesse mai contestato carenze prima di sospendere il pagamento dei canoni. Non solo, ma essendo provato il concreto utilizzo dell'immobile da parte della convenuta, nonostante le carenze amministrative denunciate in giudizio, la sospensione del pagamento del canone locativo e dell'indennità di occupazione per il periodo pregresso alla sottoscrizione del contratto, si è configurata contraria al criterio di buona fede anche sotto il profilo della proporzionalità al fatto imputato al locatore, in quanto l'autoriduzione del canone costituisce un fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore che ha solo la facoltà di domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluto al potere del giudice di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti. La perizia effettuata aveva evidenziato che le lesioni interne non costituivano un pericolo serio per gli occupanti.
Il Tribunale ha, perciò, accolto le domande attrici, dichiarando risolto, per inadempimento del conduttore, il contratto di locazione e condannando la resistente al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di euro 15.000,00 a titolo di canoni scaduti dal luglio 2017 a dicembre 2017 (ciascuno di euro 2.500,00), oltre interessi legali sull'importo di ciascuna mensilità dalle rispettive scadenze al saldo ed all'ulteriore pagamento di euro 9.000,00 ex art. 7 del contratto di locazione oltre interessi di legge dalle singole scadenze al saldo, ponendo a carico della resistente il pagamento degli onorari e delle spese del consulente tecnico di ufficio ed a rifondere, alla ricorrente, le spese di lite, liquidate in euro 250,00 per esborsi, compresi oneri di mediazione ed euro 4.000,00 per compensi professionali.

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