Gestione Affitti

Siti, agenzie, fai-da-te: tre strade per affittare

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Negli ultimi anni sono in continuo aumento i proprietari che affittano un immobile per brevi periodi. Case in città d’arte, al mare o in montagna: alloggi che possono diventare una fonte di reddito. La locazione breve, però, non ha per forza una vocazione turistica, perché una durata non superiore a 30 giorni può essere necessaria anche per motivi di lavoro (per esempio, in occasione di una fiera o di un evento). In più, si può concedere in affitto anche una porzione di immobile (alcune stanze di un appartamento in condominio o la mansarda di una villa), aprendo a ulteriori possibilità: l’affittacamere o il bed & breakfast. Senza contare le locazioni transitorie previste dalla legge 431/98 (articolo 5, comma 1), che vanno da un giorno a diciotto mesi, e sono motivate da esigenze di lavoro a tempo determinato.

Regole e modalità per affittare

In ogni caso, se l’immobile è in un condominio, bisogna leggere con attenzione il regolamento dello stabile: quello contrattuale (sottoscritto o comunque accettato da ciascun proprietario al momento dell’acquisto) può infatti vietare di destinare l’immobile all’affitto per brevi periodi. Anche se - come ha chiarito la giurisprudenza - il divieto dev’essere esplicito. Ad esempio, il divieto di adibire i singoli appartamenti dello stabile a locanda, pensione o affittacamere non va necessariamente interpretato come divieto di affittare stanze di un’abitazione in forma privata a varie persone (Tribunale di Milano, 22 febbraio 2018, n. 1947).

In assenza di vincoli, per affittare l’immobile si può agire da sé e stipulare un contratto di locazione breve con il soggetto interessato. O si può coinvolgere un intermediario, cioè un agente immobiliare, in cambio di una provvigione. O, ancora, affidarsi a un portale telematico “ad hoc” (tipo Airbnb o Booking, tra i più noti), che trattiene una percentuale sul canone. Si tratta dei cosiddetti “affitti social”, che hanno sollevato polemiche fra gli operatori del settore turistico e no, alimentate anche da un vuoto normativo poi colmato solo in parte.

L’intermediazione e il Fisco

In effetti, il 1° giugno 2017 è entrata in vigore la cosiddetta “tassa Airbnb” (applicabile anche a chi esercita attività di bed & breakfast senza partita Iva), che ha introdotto un nuovo regime di tassazione per contrastare l’evasione fiscale. L’articolo 4 del Dl 50/2017 - convertito dalla legge 96/2017 - dispone che «ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data (1° giugno 2017, ndr) si applicano le disposizioni relative alla cedolare secca (...) con l’aliquota del 21 per cento in caso di opzione». Inoltre, «i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, trasmettono i dati (alle Entrate, ndr) relativi ai contratti (...) conclusi per il loro tramite». L’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati contrattuali è punita con una sanzione da 250 a 2mila euro, ridotta alla metà «se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati».

Chi esercita attività di intermediazione immobiliare, compresi i gestori dei portali online, è quindi obbligato a: comunicare all’agenzia delle Entrate i dati dei contratti d’affitto inferiori ai 30 giorni, che non necessitano di registrazione; applicare, una volta ricevuto il pagamento, un’aliquota al 21% come cedolare secca sul canone di locazione; in quanto sostituti d’imposta, versare all’Erario il 21% e rilasciare al proprietario dell’immobile la Certificazione unica.

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