Gestione Affitti

Contratto risolto, l’immobile va restituito

di Selene Pascasi

Se la clausola risolutiva espressa fa “cadere” il contratto locativo, la domanda di restituzione azionata in via subordinata dal proprietario va accolta, trattandosi di azione tesa ad ottenere l'adempimento dell'obbligazione di ritrasferire l'immobile volontariamente trasmesso qualora sopravvengano eventi «fisiologici o patologici» che abbiano reciso il vincolo.
A sottolinearlo, è il Tribunale di Nocera Inferiore con sentenza n. 451 del 3 aprile 2019. Ad attivarsi è stata una S.r.l. che ha chiamato in causa una Cooperativa cui aveva concesso in locazione ad uso diverso un immobile dietro canone annuo di circa ottantamila mila euro. Per contratto la conduttrice aveva anticipato 15 mila euro per realizzare un impianto di pressurizzazione con l'accordo che quella somma le sarebbe stata restituita tramite una riduzione parziale del canone per le prime dieci mensilità. Ma l'intesa, tiene a marcare, andava oltre ed individuava il mancato ottenimento della licenza di commercio al dettaglio entro un determinato lasso di tempo quale condizione risolutiva della locazione.
La Coop, invece, sprezzante degli accordi stretti, non solo non aveva rilasciato il locale nonostante il diniego di autorizzazione alla vendita ma aveva continuato a pagare, per una decade di mesi, il mensile “ridotto”.
Di qui, la domanda formulata dalla proprietaria che, invocata la risoluzione del contratto, chiede la condanna dell'inquilina a mettersi in regola con i versamenti o, in via subordinata e previo accertamento della detenzione senza titolo, a corrisponderle l'indennità di occupazione.
L'affittuaria, però, a sorpresa, gioca la carta della condizione risolutiva espressa ribaltando le circostanze a suo favore: se non aveva avuto la licenza, era a causa dell'inidoneità dello spazio locato. Non poteva, pertanto, scontarne le conseguenze. Tesi bocciata. Intanto, puntualizza il Tribunale, la locazione si era “sciolta” non avendo la cooperativa conduttrice ottenuto, entro la tempistica fissata, la licenza allo spaccio. D'altronde, una condizione del genere non può ritenersi inserita nell'interesse di una sola delle parti bensì di entrambi i contraenti.
Peraltro, il locatore conserva un «indiscutibile interesse che il locale di sua proprietà sia utilizzato in conformità alla normativa vigente» (Cassazione 18512/2017). Ecco che, essendo venuto meno il negozio, va accolta la domanda di restituzione dell'immobile presentata dalla S.r.l. in via subordinata. A ben vedere, infatti, l'azione restitutoria (lo dice già il nome) è destinata – come ben evidenziavano le sezioni unite della Corte di cassazione con sentenza 7305/2014 – ad «ottenere l'adempimento dell'obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall'attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che, per eventi fisiologici o patologici, siano venuti meno». Queste, le motivazioni per le quali il giudice nocerino, abbracciate le ragioni della “padrona di casa” ha condannato la cooperativa a rilasciare l'immobile ed onorare i canoni insoluti laddove, specifica, ai sensi dell'articolo 1591 del Codice civile, anche se il rapporto si chiude (contrattualmente o giudizialmente) l'inquilino che detenga il bene è tenuto al corrispettivo convenuto fino al momento dell'effettiva riconsegna mediante restituzione al locatore (Cassazione 10926/18).

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