Gestione Affitti

Affitto commerciale senza fidejussione, il proprietario può risolvere il contratto

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Se il conduttore venga meno alla pattuizione contenuta nel contratto di locazione commerciale, stipulato a norma degli articoli 27 e seguenti della Legge 392/78, che prevede l'obbligo per l'inquilino di acquisire la fideiussione a garanzia del pagamento degli affitti e di eventuali danni, il proprietario dell'immobile può ottenere la risoluzione del contratto, se il patto contrattuale è assistito da una clausola risolutiva espressa a norma dell'articolo 1456 del Codice civile. Se poi è anche prevista una penale per il ritardo nella riconsegna dei locali, l'inquilino è tenuto al pagamento anche della penale, oltre al risarcimento del danno. Lo ha deciso il Tribunale di Milano (Tredicesima sezione civile), sentenza n. 3451 del 4 aprile 2019.
Nel caso affrontato dal tribunale milanese, nel contratto di locazione tra le parti (relativo ad un immobile in una rinomata via dello “shopping” di Milano), era inserito il patto 23, per il quale “la conduttrice si impegna a ottenere fidejussione da parte di terzi per garantire tutte le obbligazioni del presente contratto, per tutta la durata e connesse alla risoluzione fino a concorrenza dell'importo di € 30.000”. Con la precisazione, contenuta nel successivo articolo 23.2, che “l'inosservanza dei patti del presente articolo determina ipso jure la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1456 CC ”. Con scrittura privata a parte (e non registrata), di cui non si conosce la data, era inoltre prevista una penale di Euro 200,00 giornalieri, per il ritardo nel rilascio della fideiussione. Per il giudice «deve pertanto dichiararsi l'intervenuta risoluzione ex art. 1456 CC del contratto di locazione a norma dell'art. 23.2 del predetto contratto, con decorrenza dal 06/10/2017, atteso che la comunicazione con cui il locatore ha dichiarato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa a mezzo PEC è stata recapitata alla società resistente in data 06/10/2017. Conseguentemente, la conduzione dell'immobile da parte della resistente sino al 31/12/2018 (data del rilascio ndr) va qualificata quale occupazione sine titulo». Non è invece dovuta la penale per il ritardo nella consegna della fideiussione, mai avvenuta, posto che la scrittura privata è priva di data certa, con la conseguenza che non vi è prova che si tratti di un patto coevo o successivo alla stipula della locazione commerciale, piuttosto che di un accordo antecedente e successivamente superato dalle previsioni contrattuali.
Ma ciò non basta. E infatti il locatore - oltre alla risoluzione del contratto d'affitto - ha chiesto al Tribunale una somma di Euro 200 giornalieri, a titolo di penale (complessivamente Euro 90.200,00), per la mancata tempestiva riconsegna dei locali, in base ad una ulteriore pattuizione contenuta nel contratto, oltre a 30 mila euro di canoni di locazioni/indennità di occupazione e spese accessorie non versati.
Anche queste ultime domande di condanna dell'inquilino sono state accolte. Quanto alla penale, la clausola contenuta nel contratto prevede che: “Qualora il conduttore non dovesse rilasciare tempestivamente l'unità immobiliare alla cessazione del contratto, sarà tenuto, oltre al corrispettivo di cui all'art. 1591 CC al versamento di una penale per ogni giorno di ritardo, pari ad € 200,00 che potrà essere trattenuto dalla locatrice dal deposito cauzionale, salvo il risarcimento del danno ulteriore “. Nella specie, non sussiste divieto di cumulo tra la prestazione principale e la penale. E infatti, il divieto di cumulo tra la prestazione principale e la penale, previsto dall'articolo 1383 del Codice civile, può riguardare le sole prestazioni già maturate rimaste inadempiute: per tali prestazioni, nel contratto di locazione, il proprietario deve optare per l'integrale pagamento della prestazione principale o, in alternativa, per il pagamento della penale, se prevista, facendo salva la risarcibilità del maggior danno. Con riferimento invece alle prestazioni non ancora maturate – come nel caso in esame - permane l'obbligo di adempimento o comunque di pagare un corrispettivo pari al canone di locazione, finché si continua a fruire della medesima controprestazione, con la conseguenza che il divieto di cumulo non opera e il locatore può chiedere sia il corrispettivo, sia la penale (cfr. sul tema specifico, anche Cassazione 13 marzo 2018, numero 6015).
Ne consegue che è stata accolta la domanda di condanna della conduttrice al pagamento dell'indennità di occupazione, maturati successivamente alla risoluzione di diritto del contratto, avendo le parti in tal senso pattuito a norma del richiamato art. 21.1 del contratto.

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