Gestione Affitti

Cir, Iun e Cis: codici regionali cercano di mappare Airbnb

di Michela Finizio

Un proprietario che possiede due appartamenti da mettere a reddito, uno a Milano e uno in Sardegna, se volesse pubblicizzarli su Airbnb dovrebbe dotarsi per il primo del codice «Cir» e per il secondo del codice «Iun», seguendo due pratiche amministrative molto diverse tra loro (e non semplicissime). È questo, ad esempio, un paradosso esemplare che si determina applicando le differenti leggi regionali che impattano sulle locazioni turistiche.

Dalla Calabria alla Valle D’Aosta, quasi tutte le Regioni sono intervenute negli ultimi mesi per normare (e controllare) il fenomeno degli affitti brevi, esploso soprattutto nelle località di mare o montagna e nelle grandi città, grazie alla diffusione di portali web come Airbnb, Casavacanze, Booking e molti altri. Il problema è che ognuna, essendo il turismo una competenza esclusiva regionale in base al Titolo V della Costituzione, lo sta facendo in modo autonomo e imponendo ai proprietari privati regole molto diverse.

A richiedere un codice identificativo degli immobili commercializzati tramite annunci di affitto breve (online o meno), al fine di mappare e monitorare il fenomeno, sono Sardegna, Lombardia, Toscana e, per ultima, anche la Puglia (Codice identificativo di struttura, in breve «Cis», ma non ancora operativo perché in attesa della delibera attuativa della legge regionale 57/2018). In alcuni casi sono previste sanzioni in assenza del codice, da un minimo di 250 euro in Puglia a un massimo di 2.500 euro in Lombardia.

A sancire la legittimità di questa richiesta da parte delle Regioni è stata la Corte costituzionale dell’11 aprile scorso (sentenza 84/2019) che ha bocciato il ricorso contro la legge regionale lombarda 7/2018 che impone il Cir, ritenuto un adempimento amministrativo che non invade «la libertà negoziale e la sfera contrattuale, che restano disciplinate dal diritto privato».

I differenti codici, che rappresentano i diversi registri regionali degli affitti turistici, riflettono la varietà di adempimenti richiesti ai proprietari in base alle politiche regionali. Quasi ovunque è richiesta una comunicazione diretta al Comune territorialmente competente per ogni alloggio da locare. La Toscana, ad esempio, ha approvato anche un modello di comunicazione (allegato A alla delibera di giunta 1267 del 19 novembre 2018) da inviare all’ente locale entro trenta giorni dalla stipula del primo contratto di locazione, in cui vanno indicati il periodo in cui si intende locare l’alloggio, il numero di posti letto e i siti web utilizzati. La Sardegna ha introdotto anche una sanzione, da 200 a mille euro in caso di mancata comununicazione. La stessa procedura è richiesta anche da due progetti di legge, recentemente approvati in Veneto e in Valle d’Aosta.

Il nodo che accende la polemica tra Regioni e associazioni dei proprietari, ancora una volta in Lombardia, è la differenza tra gli adempimenti richiesti agli alloggi gestiti come strutture ricettive e quelli semplicemente locati, in base all’articolo 1571 del Codice civile. Tanto che la delibera di giunta lombarda 280 del 28 giugno scorso, attuativa della legge regionale 27/2015, è stata impugnata davanti al Tar. «È illegittimo - afferma Fabio Diafera, presidente della Po.Loca.Tur - assimilare le locazioni turistiche alle case e appartamenti per vacanza non imprenditoriali, per cui è prevista una gestione e organizzazione dell’attività e l’eventuale fornitura di servizi». Al momento, infatti, in Lombardia, per ottenere il Cir, è necessario essere assimiliati a queste strutture ricettive anche se non si fanno le pulizie né si fornisce la biancheria. «Non è stato predisposto, come nelle altre Regioni, un modulo di comunicazione al Comune - aggiunge Diafera - che preveda la semplice locazione breve». Oltretutto la pratica è necessaria per ottenere il Cir, che viene rilasciato con procedura amministrativa in un secondo momento dalla Provincia o Città metropolitana, previo accreditamento al portale Turismo 5. Insomma, un bel percorso ad ostacoli per chi possiede più immobili in Italia e intende puntare sugli affitti brevi.

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