Gestione Affitti

Se le opzioni superano le case locate

di Cristiano Dell’Oste e Raffaele Lungarella

Come certi dittatori che prendono più voti dei votanti, in certe regioni i contribuenti che hanno scelto la cedolare secca sugli affitti risulterebbero più numerosi delle case locate. Capita nel Lazio – 250mila contribuenti contro 225mila immobili – ma anche in Toscana, in Umbria e nelle Marche. Complice il fatto che i dati sono riferiti ad annualità diverse (2018 per i contribuenti, 2014 per gli immobili), l’accostamento tra contribuenti e abitazioni va maneggiato con cura, per non arrivare a conclusioni sbagliate.

Il primo punto fermo è che la cedolare piace sempre di più ai proprietari che affittano le loro case: dalle dichiarazioni presentate nel 2012 a quelle del 2018 il numero di contribuenti che ha scelto la sostitutiva è quadruplicato, passando da poco più di 500mila a 2,3 milioni.

Il secondo punto fermo è che le abitazioni locate per la maggior parte dell’anno e possedute da persone fisiche erano 2,8 milioni nell’anno d’imposta 2014 (l’ultimo per il quale l’informazione è disponibile).

È chiaro che una stessa casa può essere posseduta in comproprietà e – al contrario – una stessa persona può possedere più case. Inoltre, le statistiche sulle dichiarazioni dei redditi indicano che una piccola parte di locatori – solo uno su 16 – dichiara sia canoni di mercato (tassati al 21%) sia canoni concordati (tassati al 10%); non ci dicono nulla, però, sugli immobili da cui provengono questi canoni: è ragionevole pensare che siano abitazioni diverse, ma potrebbe trattarsi anche della stessa casa, affittata per alcuni mesi a canone libero e per altri a canone calmierato (perché il contratto è scaduto o è stato risolto).

Pur con tutte queste avvertenze, il confronto tra case e contribuenti offre spunti interessanti. In effetti, o si dimostra che in alcune zone ci sono molti più comproprietari che in altre (ad esempio nel Lazio anziché in Lombardia) o che la proprietà è più concentrata in certe aree e meno in altre, oppure si dovrebbe concludere che dietro questi numeri – sfasati temporalmente, come detto – si cela anche una qualche emersione di affitti in nero.

Come si può escludere che tutto sia emersione, allo stesso modo si può escludere che tutto sia frutto di una migrazione dall’Irpef. I due fenomeni convivono, ma andrebbero indagati con analisi che solo le Finanze e le Entrate possono condurre, operando su periodi temporali omogenei e incrociando i dati catastali degli immobili con i codici fiscali dei locatori.

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