Gestione Affitti

Affitto, pagare gli arretrati a processo iniziato non fa chiudere la lite

di Selene Pascasi

Pagare le morosità intimate dopo l’introduzione del contraddittorio non sana il debito. E mettersi in regola con i canoni di locazione scaduti, in corso di causa, non libera il conduttore dalla valutazione della gravità dell'inadempimento dedotta con l'intimazione di sfratto. Ciò, specie se l'omissione sia stata preceduto da altri prolungati, reiterati e ravvicinati ritardi. A sottolinearlo, è il Tribunale di Roma con sentenza n. 10173 del 17 maggio 2018 (giudice Manuela Scoppetta).
Intima lo sfratto ad una società, la proprietaria del negozio concessole in locazione. La ditta, spiega la donna, non versando i mensili da un semestre, aveva maturato un debito complessivo superiore a 12 mila euro. Ma la s.r.l. si difende adducendo un particolare non irrilevante: la difformità catastale del locale, rispetto alla destinazione contrattuale, le aveva impedito di ottenere l'assenso alla SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) necessario per iniziare la propria attività commerciale. Di qui, la domanda riconvenzionale tesa ad ottenere il risarcimento del danno subìto. Richiesta, quella della convenuta, bocciata dal Tribunale. Accertata la morosità e smentita dai carteggi l'asserita difformità catastale, il giudice capitolino osserva come, a ben vedere, la contestata impossibilità della conduttrice di utilizzare il bene per l'uso pattuito riposerebbe su mere illazioni, non essendo intervenuto alcun diniego o intervento preclusivo da parte dell'amministrazione competente alle opere edili realizzate o, comunque, all'attività commerciale. E nell'annotarlo, ricorda – abbracciando il pensiero già espresso dalla Cassazione con pronuncia n. 13395/2017 – che, salvo patto contrario, non è «onere del locatore ottenere le eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per l'uso del bene locato». Ecco che, ove il conduttore non le ottenga, non sarà configurabile «alcuna responsabilità per inadempimento in capo al locatore, quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato». Circostanze che, quindi, andranno a pesare – quali condizione di efficacia, elemento presupposto o contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia del pacifico godimento del bene in relazione all'uso convenuto – soltanto se la sua destinazione particolare sia tale da richiedere precise caratteristiche ai fini delle relative licenze. Non solo. Detta condizione dovrà esser stata anche oggetto di specifica pattuizione «non essendo sufficiente la mera enunciazione nel contratto, che la locazione sia stata stipulata per un certo uso». È su queste basi, che è stata, invece, accolta la successiva domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento formulata dalla titolare dell'immobile la quale, allegando l'accordo locatizio, aveva assolto all'onere di provare il fatto costitutivo della pretesa azionata. Quanto, invece, al pagamento delle morosità intimate dopo l'introduzione del contraddittorio, va osservato come tale adempimento, ove avvenga, non varrà da sanatoria della morosità intimata. Ciò, anche in relazione all'inadempimento, operando il criterio dettato dal terzo comma dell'articolo 1453 del Codice civile, disposto che esclude che il debitore possa adempiere la propria obbligazione successivamente all'introduzione della domanda di risoluzione del contratto. Sul punto, del resto, Cassazione 3341/2001 ha ribadito che la purgazione della mora – successiva alla domanda di risoluzione contenuta nell'intimazione di sfratto – non osta all'accertamento della gravità del pregresso inadempimento dell'intimato, proseguendo altresì dopo il pagamento dei canoni scaduti. Ne diviene, allora, che l'essersi messi in regola con in mensili a causa aperta, non potrà comunque escludere la valutazione della gravità dell'inadempimento del conduttore dedotta con l'intimazione di sfratto, specie se l'omissione sia stata preceduta «da altri prolungati, reiterati e ravvicinati ritardi nel pagamento del canone». Ed è palese che tale vaglio di gravità della violazione del contratto locatizio, di natura sinallagmatica, inciderà anche in punto di esecuzione del contratto secondo buona fede, laddove l'articolo 1375 del Codice civile – rilevava Cassazione 19879/2011 – impone «di evitare il pregiudizio dell'interesse della controparte alla corretta esecuzione dell'accordo ed al conseguimento della relativa prestazione». In effetti, si legge nella sentenza in commento, la gravità dell'inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata solo all'entità del danno (che potrebbe anche non sussistere) ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione. D'altronde, la condotta del conduttore che manchi di versare i canoni determinando uno squilibrio nel sinallagma funzionale (Cassazione 15363/2010) penalizza il locatore sotto l'aspetto economico, giusta l'incidenza sull'economia complessiva del rapporto. In altre parole, costituendo il pagamento del canone il principale obbligo del conduttore – cui non è consentito astenersi o ritardarne la corresponsione (salvo che venga a mancare completamente la prestazione della controparte ove impedisca il pieno godimento del bene) – la cui violazione configurerà una rilevante alterazione dei rapporti negoziali, tale da provocare la risoluzione. Ipotesi, quella descritta, senz'altro verificatasi nella vicenda in esame, posto che la società conduttrice, pur godendo del bene, aveva mancato a lungo di onorare il dovuto. Inevitabile, pertanto, la scelta del Tribunale di dichiarare risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione tra le parti, con condanna della s.r.l. al pagamento dei canoni intimati scaduti e non pagati, oltre a quelli a scadere maturati fino alla riconsegna.

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