Gestione Affitti

Imposta da commisurare ai mesi di effettiva locazione

di Luigi Lovecchio

L’acconto 2018 della cedolare secca sugli affitti può essere ridotto, in presenza di circostanze giustificative. A tal proposito, va infatti ricordato che – trattandosi di un’imposta sostitutiva, tra l’altro, dell’Irpef sui canoni di locazione abitativa – si applicano le stesse regole dell’imposta personale. I motivi che giustificano la riduzione possono essere diversi.

Primo anno di applicazione

Innanzitutto, nel caso in cui il 2018 è il primo anno di applicazione della cedolare, non è dovuto alcun acconto. Così, per esempio, se il contribuente è possessore di un immobile che nel 2017 era locato in regime Irpef e che per tutto il 2018 sarà soggetto a cedolare, per l’anno d’imposta in corso potrà adottare il regime “previsionale” in luogo del metodo storico: con l’effetto che non sarà dovuto alcun acconto, né a titolo di Irpef, né a titolo di cedolare.

Inoltre, l’applicazione della cedolare è autonoma per ciascun immobile e per ciascun contratto di locazione. E dunque, si pensi a un contribuente che possiede due fabbricati, dei quali nel 2017 uno locato in regime Irpef e l’altro sfitto. Se il fabbricato sfitto viene affittato nel 2018 in regime di imposta sostitutiva, non occorrerà pagare alcun acconto a titolo di cedolare.

Cessazione del contratto

Un’altra ipotesi riguarda il caso in cui il contratto sia cessato in corso d’anno. Se la locazione era vigente per tutto l’anno 2017, l’applicazione del metodo storico di determinazione dell’acconto comporterebbe un’anticipazione d’imposta non dovuta. Il contribuente potrà dunque calcolare la cedolare commisurandola ai mesi di effettiva locazione nell’anno in corso. Bisogna però prestare attenzione a conteggiare il tributo da versare, perché se per lo stesso immobile oggetto della cessata locazione viene successivamente stipulato un nuovo contratto di affitto, l’acconto determinato con il metodo previsionale ne dovrà tener conto.

Si immagini un immobile locato per l’intero anno 2017, che sia poi divenuto sfitto ad aprile 2018. Se il contribuente conteggia l’acconto da pagare a fine giugno sulla base dei soli quattro mesi dell’anno in corso, e successivamente concede in locazione il medesimo immobile, ad esempio, a decorrere dal prossimo mese di settembre, potrebbe scaturire un versamento insufficiente (rimediabile peraltro con il ravvedimento).

Per questo motivo, in via prudenziale, potrebbe essere utile versare somme anche leggermente maggiori di quelle quantificate sulla base dei dati conosciuti nel mese di giugno.

Riduzione del canone

Altra situazione frequente è quella che vede locatore e inquilino mettersi d’accordo per la riduzione del canone di affitto. In base all’articolo 19 del Dl 133/2014, questo tipo di accordo non è soggetto a imposta di registro. Ma è comunque più che opportuno portare a conoscenza dell’agenzia delle Entrate tali intese, tramite il modello Rli, proprio per evitare contestazioni in ordine al reddito da dichiarare. Anche in questi casi, infatti, l’acconto può essere diminuito.

Mensilità non riscosse

Un’altra fattispecie critica è quella relativa al mancato incasso dei canoni di locazione. In proposito, è utile ricordare che la cedolare – alla pari dell’Irpef sui redditi fondiari – trova applicazione secondo il criterio di competenza (e non quello di cassa). Ne consegue che il tributo proporzionale è dovuto con riferimento al canone maturato nel periodo di riferimento, a prescindere dal suo effettivo incasso.

Secondo l’articolo 26 del Tuir (Dpr 917/86), non concorrono alla formazione del reddito i canoni di locazione abitativa che risultano non pagati nel provvedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto per morosità. In relazione ai medesimi canoni, inoltre, spetta il credito d’imposta per la cedolare versata negli anni precedenti.

Nel caso in cui ci sia un provvedimento di convalida di sfratto, arrivato nel corso del 2018 e che riguardi anche canoni maturati (e non pagati) di competenza del medesimo anno, il contribuente sarà dunque legittimato a ridurre l’acconto in scadenza a fine mese, fino al completo azzeramento.

È infatti evidenteche se il giudice ha accertato il mancato versamento della totalità dell’affitto 2018, nel convalidare lo sfratto ha – da un lato – sancito la cessazione del contratto di locazione per morosità del conduttore, e – dall’altro – legittimato il locatore a non dichiarare gli affitti di competenza dell’anno in corso.

Il rimedio legislativo, tuttavia, non è sufficiente a prevenire il rischio di tassazione di redditi non percepiti. Basta pensare, per esempio, al caso in cui il conduttore, dopo essersi reso moroso nel pagamento dei canoni, si sia limitato a rilasciare l’immobile, risolvendo così il contratto di affitto. In tale eventualità, non si realizza l’intervento giudiziario sotteso nel citato articolo 26 del Tuir: con l’effetto che la cedolare dovrà essere versata in riferimento alla totalità dei canoni maturati fino alla data di rilascio del fabbricato.

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