Gestione Affitti

Cedolare affitti brevi, metodo previsionale per ridurre il dovuto

di Cristiano Dell’Oste

Che sia sotto forma di trattenuta in busta paga o con il modello F24, per la cedolare secca sugli affitti è tempo di pagamenti. Saldo 2017 e primo acconto 2018: un’accoppiata che l’anno scorso ha portato nelle casse dell’Erario circa un miliardo di euro, secondo il Bollettino delle entrate tributarie.

L’acconto è pari al 95% dell’imposta dovuta per l’anno precedente. Se non supera 51,65 euro, non va versato e si paga tutto a saldo. Se, invece, è pari o superiore a 257,52 euro, va versato in due rate:

la prima, pari al 40%, si paga con il codice tributo «1840» entro il 2 luglio (rinviabile al 30 luglio, che quest’anno slitta al 20 agosto, con una maggiorazione dello 0,4%);

la seconda, pari al restante 60%, entro il 30 novembre con il codice tributo «1841» (che si usa anche in caso di un unico acconto).

Il saldo del 5% va invece pagato entro il 30 giugno dell’anno successivo (codice tributo «1842»).

Come versare

Per i contribuenti che presentano il modello Redditi Pf, il versamento va fatto con il modello F24. Mentre per i dipendenti e i pensionati che fanno il 730, la cedolare si paga sotto forma di trattenuta dalla busta paga o dalla pensione (e può essere rateizzata con Irpef e addizionali fino a cinque rate; quattro per i pensionati).

Ad esempio, per un contratto “4+4” stipulato nel 2015 con un canone annuo di 10mila euro, l’imposta dovuta è di 2.100 euro (aliquota al 21%). L’acconto da pagare quest’anno, perciò, è di 1.995 euro (il 95%), di cui 798 euro come prima tranche e 1.197 euro entro il 30 novembre. Il saldo, invece, è 105 euro (e ora si paga quello relativo al 2017).

Nel modello Redditi Pf 2018 la liquidazione dell’imposta avviene nel nuovo quadro LC, dove è possibile indicare anche le ritenute subite sugli affitti brevi stipulati dal 1° luglio 2017 tramite intermediari immobiliari.

Le eccezioni

Rispetto allo “schema-base”, possono esserci delle eccezioni. La prima riguarda i contratti stipulati quest’anno (nel 2018): siccome non c’è un’imposta dovuta per l’anno precedente, non va pagato acconto. Di fatto, la cedolare per il 2018 sarà versata tutta a saldo nel 2019 (e sempre nel 2019 si dovrà versare anche l’acconto su quest’ultima annualità).

Una seconda eccezione riguarda la possibilità di versare un acconto inferiore a quello calcolato in base all’imposta dovuta per il 2017. È il cosiddetto “metodo previsionale”, che può essere usato quando il contribuente prevede di dover pagare per il 2018 un’imposta più bassa rispetto a quella dell’anno scorso. Pensiamo a una casa che è stata affittata per tutto il 2017, ma è rimasta sfitta dal 1° febbraio di quest’anno. Se il proprietario ha trovato solo ora un inquilino disposto a prenderla in locazione dal prossimo 1° settembre, può parametrare l’acconto alle cinque mensilità di locazione di quest’anno. Ma i casi possibili sono molti: dalla riduzione del canone, alla stipula di un contratto a canone concordato al posto di quello libero, con aliquota al 10% anziché al 21 per cento.

La possibilità di autoridursi l’acconto con il previsionale è ammessa dal provvedimento del direttore delle Entrate del 7 aprile 2011 (par. 7.2), secondo cui «il versamento dell’acconto non si considera carente se di importo almeno pari al 95% della cedolare secca calcolata per l’anno in cui si è prodotto il reddito». Chi paga con F24 può limitarsi a versare di meno. Chi presenta il modello 730 dovrà compilare il rigo F6, colonna 6, per quantificare la riduzione e modulare di conseguenza le trattenute. Attenzione, però, perché chi riduce troppo l’acconto dovrà rimediare.

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