Gestione Affitti

Affitto, anche per sciogliere il contratto indispensabile la forma scritta

di Selene Pascasi

Forma scritta indispensabile, non solo per stipulare ma anche per risolvere i contratti locatizi abitativi firmati dopo l’entrata in vigore della legge n. 431/1998. A ribadirlo, è il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2427 del 28 febbraio 2018 (giudice unico Dott. Francesca Savignano).
Apre la causa, il ricorso promosso dal proprietario di un appartamento rilasciato dai conduttori senza alcun preavviso – fissato dal patto negoziale in tre mesi – e senza la sussistenza di gravi motivi per lo sgombero anticipato. Questi, i motivi per cui l'uomo, essendo riuscito a locare di nuovo l'alloggio a terzi, chiede al Tribunale l'accertamento della cessazione del rapporto di locazione e la condanna degli ex inquilini al pagamento dell'indennità di mancato preavviso di anticipato rilascio, oltre che al residuo importo del canone dovuto per l'ultima mensilità.
Pronta la difesa dei resistenti che, opposta preliminarmente l'improcedibilità della domanda per omesso esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, si difendono: mesi prima, spiegano, avevano stretto un accordo con il proprietario di casa, che prevedeva proprio la risoluzione consensuale della locazione, fissata proprio per il mese in cui avevano lasciato l'abitazione. Il loro, pertanto, non era stato un rilascio arbitrario bensì avvenuto per mutuo consenso. A suffragarlo, l'attestazione del pagamento dell'imposta di registro per la risoluzione contrattuale.
Ma il Tribunale di Milano non concorda e accoglie il ricorso del titolare del bene locato. Se non vi sono dubbi sulla sussistenza di un regolare rapporto di locazione, stipulato per iscritto e registrato, non si può affermare altrettanto per quanto riguarda l'ipotetico accordo assunto dai conduttori a giustificazione del rilascio, giacché privo di forma scritta. Requisito, peraltro, non soddisfatto dal documento prodotto e rilasciato dall'Agenzia delle Entrate su cui si leggeva semplicemente che “il contratto risulta risolto in data…”. Del resto, le locazioni abitative – precisa il giudice milanese richiamando le Sezioni Unite di Cassazione n. 18214/2015 – sono soggette, se firmate a partire dall'entrata in vigore della legge n. 431/1998, a forma scritta ad substantiam, perciò necessaria.
Forma necessaria anche per il mutuo dissenso, dovendo l'accordo risolutorio del negozio rivestire la medesima forma stabilita per la sua conclusione (Cassazione, n. 25126/2006). Requisito che, sia inteso, potrà dirsi soddisfatto esclusivamente in presenza di un documento contenente l'espressa e specifica dichiarazione negoziale delle parti. Si supera, così, il precedente orientamento che – muovendo dalla circostanza che i contratti di locazione anteriori al 1998 o quelli non aventi ad oggetto immobili destinati ad uso abitativo, potessero sfuggire alla forma scritta – riteneva la risoluzione consensuale dei predetti negozi non soggetta a vincoli di forma (Cassazione, n. 7638/2016).
Ebbene, assodata la necessità di veste scritta sia per la stipula che per la risoluzione di un contratto locatizio, nella fattispecie non poteva dirsi assolto tale requisito mediante la produzione di un documento attestante solo che il locatore (su cui incombe l'onere del versamento dell'imposta di registro per la risoluzione contrattuale e che ha interesse, a fini fiscali, a far risultare la risoluzione del rapporto) avesse dichiarato la “fine” del contratto. Asserzione, peraltro, proveniente dal solo locatore e non da entrambe le parti contrattuali e diretta ad un soggetto terzo rispetto al rapporto e, perciò, non idonea ad integrare il requisito dell'espressa e specifica dichiarazione negoziale delle parti di voler risolvere il contratto. Si palesano, allora, in tutta evidenza le motivazioni per le quali il Tribunale, carente la prova dell'effettiva volontà del proprietario di risolvere consensualmente il contratto locatizio, boccia l'eccezione di risoluzione per mutuo dissenso e condanna gli inquilini al pagamento delle somme dovute, oltre che alla refusione delle spese di lite.

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