Gestione Affitti

Al comodatario niente rimborsi per ristrutturazioni

di Saverio Fossati

Il comodato non è la locazione, soprattutto quando si tratta di rimborsare spese sostenute da chi usava l'immobile per renderlo abitabile. La questione è stata analizzata dalla Cassazione nell'ordinanza 15699/2018, depositata ieri.

Un immobile era stato ceduto in comodato ma risultato, secondo il Tribunale di Benevento, in pessimo stato di conservazione per cui era stato impossibile utilizzarlo né concederlo in locazione. Per questo i comodatari avevano speso oltre 131mila euro per ristrutturarlo. Per questo, secondo il Tribunale, il comodante avrebbe dovuto rimborsare la somma al comodatario, in quanto «gravato da specifici obblighi contrattuali, riconducibili al suo impegno contrattuale finalizzato all’attribuzione del godimento di un bene immune da alterazioni materiali ed idoneo all’uso concordato».

Il proprietario (un fallimento) però ha fatto ricorso per Cassazione del decreto del Tribunale, con una serie di motivi tutti centrati sulla disciplina del comodato contenuta nel Codice civile, che è radicalmente diversa da quella della locazione: proprio in base all’articolo 1808 del Codice civile il rimborso delle spese sostenute è previsto solo se si tratta di spese straordinarie e urgenti per la «conservazione della cosa».

E l’espressione «conservazione», sottolinea la Cassazione, è sinonimo di «manutenzione». Mentre la norma non contiene alcuna previsione circa la manutenzione straordinaria. E, afferma la Cassazione, se è vero che le spese di straordinaria manutenzione ricadono normalmente sul comodante-proprietario, occorre chiedersi se esista una precisa obbligazione in questo senso.

Ma il comodante, sottolinea la Corte, non ha un obbligo di consegnare la cosa «in buono stato di manutenzione» e mantenerla successivamente «in stato da servire all’uso convenuto» come recita l’articolo 1575 del Codice civile, in quanto si tratta della disciplina di un diverso rapporto contrattuale. Quindi il comodante, dice la Corte, «consegna la cosa nello stato in cui si trova, buono o cattivo che sia, e non è in alcun modo tenuto a far sì che la cosa consegnata sia idonea all’uso cui il comodatario intenda destinarla, giacché, al contrario, detto uso è contemplato dalla norma quale limite imposto al godimento del comodatario e non quale parametro cui rapportare l’idoenità della cosa».

Allo stesso modo, prosegue la Suprema Corte, va escluso che il comodante sia assoggettato a un’obbligazione di manutenzione straordinaria, a meno che abbia assunto una precisa obbligazione in tal senso (cosa che non era avvenuta nel caos affrontato).

Vale quindi il principio secondo cui il comodatario che, per utilizzare la cosa, abbia dovuto affrontare spese di manutenzione straordinaria (non riconducibili alla categoria di quelle necessarie per la «conservazione» della cosa), «lo fa nel suo esclusivo interesse e non può (...) pretenderne il rimborso dal comodante». La Cassazione ha quindi dato ragione al comodante (ricorrente) e condannato i comodatari (resistenti) a pagare tutte le spese di giudizio, per circa 11.400 euro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©