Gestione Affitti

Divorzio e occupazione senza titolo: il danno del proprietario deve essere provato

di Rosario Dolce

Un proprietario conveniva davanti al Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava dei Tirreni, la coniuge separata per ottenerne la condanna al rilascio di un immobile di sua proprietà. E sosteneva di averglielo concesso nel novembre 2010 in comodato, con lo scopo di controllo sul loro figlio minorenne. Una volta venuta meno tale condizione, doveva ritenersi correlativamente cessato il diritto alla detenzione dell'immobile. La domanda giudiziale esercitata dal ricorrente era stata, dunque, accessoriata (ed è quella che qui interessa) con quella tesa a chiedere il risarcimento del danno per occupazione sine titulo.
La vicenda, in quanto tale, arriva ai giudici della Corte di Cassazione (e poi dagli stessi definita con sentenza 25 maggio 2018, n. 13071).
La Corte di Appello campana aveva affermato che, secondo un «consolidato orientamento» della giurisprudenza di legittimità, in caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno del proprietario usurpato è “in re ipsa”: quindi non occorrerebbe provarne l'esistenza.
A tal riguardo era stato argomentato che il pregiudizio in esame doveva essere rapportato al semplice fatto della perdita della disponibilità del bene da parte del “dominus” ed all'impossibilità per costui di conseguire l'utilità normalmente ricavabile di bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso.
La quantificazione del risarcimento, dunque, veniva determinata dal giudice del merito sulla base di elementi presuntivi semplici, facendo riferimento al cosiddetto danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del cespite abusivamente occupato.
Niente di più sbagliato, secondo i giudici di legittimità!
L'impostazione del danno non è stata ritenuta, infatti, sostenibile.
A tal riguardo, la Corte di Cassazione ha rilevato che, al di là dei precedenti citati dal giudice di merito, ce ne sono altri ancora che, invece, hanno contestualizzato la necessità di procedere ad una quantificazione del danno anche in occasione della occupazione di un immobile avvenuta senza alcun titolo giudiziario (così, per esempio, si veda la sentenza della Cassazione, sezione 3, 17 giugno 2013 n. 15111, che - richiamando pure un precedente anteriore alle sentenze di San Martino, Cassazione sezione 3, 11 gennaio 2005 n. 378 - in motivazione così osserva: «...il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente “in re ipsa” e coincidente con l'evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno-)».
Proprio nella ipotesi di occupazione sine titulo risalta, d'altronde, che il risarcimento comunque del danno attraverso il canone locatizio per la durata dell'occupazione è un danno punitivo qualora non vi sia allegazione sulla intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto: sussiste nell'ordinamento, infatti, quale istituto economico-giuridico, ciò che dimostra ictu oculi che non sempre il proprietario mette a frutto il suo immobile, non traendone così per sua scelta alcun guadagno, ovvero il sopravvenire della usucapione in capo a soggetti diversi, appunto, dal proprietario dell'immobile.
Sulla base di tali presupposti, la Sentenza impugnata dal coniuge è stata cassata con rinvio al giudice di merito perché applichi i principi di diritto appena esposti.

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