Gestione Affitti

Le regole per accorgersi che nel contratto d’affitto c’è un vizio del consenso

di Selene Pascasi

Regole precise per la sussistenza dell'errore essenziale come vizio del consenso di un contratto di locazione. Due, le verifiche: accertare che la parte presumibilmente caduta in errore abbia firmato per “effetto” di una distorta rappresentazione delle realtà e che l'altro contraente, usando la normale diligenza, avrebbe potuto rendersi conto dell'altrui errore. Lo sottolinea la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 383 del 21 marzo 2018 (relatore Dott.ssa Cinzia Casanova) . Al centro della lite, lo sfratto per morosità intimato dalle proprietarie di un immobile alla S.a.s. che lo conduceva ad uso commerciale. Insoluti, tre canoni. Ma la società si oppone: il contratto di locazione, scrive, andava annullato perché il consenso prestato al momento della sottoscrizione era viziato da errore essenziale. Il locale, infatti, mancava di una specifica qualità concordata tra le parti. Difesa respinta dal primo Giudice che emetteva ordinanza di rilascio con condanna al pagamento dei mensili insoluti, detratto il deposito cauzionale. La S.a.s., però, propone appello. Non era stato adeguatamente considerato, annota, l'errore che aveva viziato il consenso prestato. L'accordo, infatti, prevedeva che il conduttore avrebbe dovuto farsi carico dell'adeguamento del locale alle sue esigenze, oltre che dell'ottenimento delle necessarie autorizzazioni amministrative. Circostanza che evidenziava, in maniera più che palese, l'assenza nell'immobile, fin dall'origine della presa in conduzione, dei requisiti necessari per l'esercizio dell'attività che vi si voleva svolgere. Tuttavia, marca la società – se è vero che era consapevole di dover eseguire modesti interventi di adeguamento tesi ad ottenere le relative autorizzazioni amministrative – non poteva, invece, sapere, al momento della sottoscrizione del contratto, di doversi occupare anche del mutamento di destinazione d'uso del locale, prima adibito a bar. Particolare non da sottovalutare e, comunque, ben noto alla controparte. E la necessità di dar corso alla modifica della destinazione d'uso avrebbe comportato il pagamento di oneri molto gravosi, tanto da determinare il raddoppio del canone di locazione, al di fuori delle condizioni pattuite e con violazione del sinallagma contrattuale. Non si trattava, allora, insiste la S.a.s., di un mero errore sul prezzo ma di un errore su una qualità essenziale del contratto che, pertanto, andava risolto. Ma la Corte d'appello non concorda e boccia l'impugnazione formulata. Circa la sussistenza dell'errore essenziale che avrebbe teoricamente inficiato il contratto – spiegano i giudici di secondo grado – occorre puntualizzare come il locale in questione non era, in via assoluta, inidoneo ad ospitare l'attività commerciale che la società intendeva esercitarvi ma necessitava soltanto di un cambio di destinazione d'uso. E sul punto, va ricordato l'insegnamento costante della giurisprudenza per la quale per stabilire se sussista un errore essenziale è necessario, in primo luogo, accertare «se il contraente che assume di essere caduto in errore si sia indotto alla stipula in base ad una distorta rappresentazione delle realtà» e, di seguito, appurare se «l'altro contraente con l'uso della normale diligenza, avrebbe potuto rendersi conto dell'altrui errore» (Cassazione, 16240/2011). Ebbene, nella vicenda, non poteva non considerarsi che, stando al tenore dell'accordo, la società fosse senz'altro al corrente della preesistenza nel locale di un esercizio commerciale di uso incompatibile con quello cui essa l'avrebbe adibito. E da soggetto particolarmente qualificato quale era – giacché ditta operante proprio nel settore immobiliare – doveva escludersi che potesse essere stata indotta a concludere il contratto in base ad una distorta rappresentazione delle realtà. Non poteva, difatti, non esserle nota la necessità di un cambio di destinazione e la conseguente corresponsione degli oneri di urbanizzazione. L'errore che si deduceva, allora, poteva configurarsi, semmai, come una banale ed erronea valutazione della convenienza economica dell'affare, inidonea ad incidere sulle caratteristiche del bene. Non solo. E' anche pacifico che, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le sue caratteristiche siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per svolgervi l'attività ripromessa ed ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative (Cassazione, 8303/2008). Tanto rilevato, il Collegio genovese respinge l'appello confermando, sostanzialmente, il primo impianto di giudizio.

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