Gestione Affitti

L’evasione e le regole (giuste)

di C. D. O.

Attività occasionale o professionale? Il dilemma della sharing economy si pone (e anzi: si complica) anche per gli affitti brevi.

Giovedì scorso in Conferenza delle Regioni è stato votato all’unanimità un ordine del giorno che chiede al Governo di aprire un tavolo in cui esaminare le criticità delle locazioni brevi e riflettere sul regolamento previsto dal Dl 50/2017. Regolamento che avrebbe dovuto dettare «i criteri» in base ai quali l’affitto breve «si presume svolto in forma imprenditoriale», tenendo conto «anche» del numero di case e della durata delle locazioni nell’anno. E rispettando, ça va sans dire, il Codice civile e dal Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Il che – a pensarci bene – è come risolvere il cubo di Rubik. Vediamo: il nipote che affitta per l’estate la casa al mare dei nonni fa attività d’impresa? È più “imprenditoriale” la locazione sporadica di quattro case in provincia o di un solo alloggio a Firenze? E poi, se la gestione viene demandata in toto a un’agenzia, come si può parlare di impresa?

Sul punto sono intervenute anche alcune Regioni, scatenando proteste e ricorsi dei proprietari.

L’obiettivo è dettare regole certe, contrastando l’abusivismo e l’evasione fiscale. Ma va detto che, se c’è chi affitta in nero o fa figurare la casa come abitazione principale per evitare l’Imu, non lo si combatte qualificandolo come imprenditore. Servono, piuttosto, controlli e forme di tassazione adatte alle tecnologie e alle diverse situazioni. Tenendo conto, ad esempio, che sempre più spesso gli inquilini acquisteranno anche “esperienze”, cioè visite guidate o gite, che escono dal campo dei redditi di fabbricati. (Cdo)

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