Gestione Affitti

Canoni prescritti dagli accordi locali

di Luca Stendardi

Il contratto concordato ad uso abitativo non transitorio richiede l’osservanza di un requisito formale e uno sostanziale.

Questo formula contrattuale impone infatti sia la durata non inferiore a tre anni (con proroga biennale alla prima scadenza), sia la quantificazione del canone secondo gli accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative. E comporta benefici per il conduttore (durata e misura calmierata del canone) e agevolazioni fiscali per il locatore, soprattutto la possibilità di fruire della cedolare secca sui canoni incassati: una “tassa piatta” sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, che esenta anche dal pagare le imposte di registro e di bollo. La cedolare è al 10% fino al 2017 e – salvo proroghe – tornerà al 15% dal 2018.

Le clausole (in)derogabili

Per l’affitto agevolato è previsto un particolare schema di contratto, specificato nel decreto ministeriale 30 dicembre 2002, che contiene le clausole da riportare nello schema del corrispondente contratto-tipo oggetto degli accordi in sede locale, fatte salve le scelte dovute a particolari aspetti. Le clausole qualificate come “obbligatorie” o “inderogabili” non possono mancare nel contratto-tipo locale; ma l’uso del modello allegato al Dm non comporta l’inderogabilità anche di tutte le altre clausole definite in ambito nazionale.

Infatti, la legge 431/998 contiene solo una norma (articolo 13, comma 4) che regola espressamente in termini di inderogabilità il rapporto tra il contratto-tipo e quello individuale. La norma sanziona con la nullità i patti che consentono al locatore di percepire un canone superiore a quello massimo definito dagli accordi locali; e quelli che non rispettano la durata minima di legge. Per le altre condizioni contrattuali, si rinvia invece a quanto stabilito a livello territoriale.

Se le parti regolano i reciproci diritti e obblighi in modo tale che il contratto non rientri più nello schema di quelli cosiddetti “concordati” (modificando ad esempio l’assetto degli interessi complessivamente definito), il contratto stesso ricade nella disciplina ordinaria. Se invece le parti seguono le norme del “concordato”, nonché lo schema adottato in ambito locale, regolando diversamente soltanto diritti e obblighi accessori o aspetti marginali, il contratto individuale rimane riconducibile alla disciplina di quelli agevolati.

In definitiva, la disciplina applicabile è quella del contratto concordato qualora il modello utilizzato sia quello allegato al Dm, così come recepito nell’accordo territoriale applicabile al caso di specie. Decisivo è quindi il contenuto del contratto individuale, quale risulta dal confronto con il contratto-tipo.

Nel quesito in esame si specifica che il canone è stato convenuto all’interno delle fasce di oscillazione della zona in cui ricade l’immobile del lettore; e che è stato utilizzato un modello conforme a quello del Dm del 2002. Mentre non si parla di pattuizioni particolari, per cui sembrano sussistere tutti i requisiti di legge. Inoltre, l’articolo 7 del decreto ministeriale 16 gennaio 2017 (ultimo in ordine di tempo ad aggiornare i criteri generali per la realizzazione degli accordi locali) prevede che l’adozione dei tipi di contratto allegati al decreto stesso divenga obbligatoria solo dopo il deposito dei nuovi accordi locali presso il Comune.

La disposizione non è retroattiva, per cui non si applica ai contratti in corso. Un’eventuale verifica (non obbligatoria) circa la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo locale dovrà comunque riguardare il rispetto dei criteri vigenti al momento in cui il contratto è stato sottoscritto. E non inciderà su quest’ultimo, se rispettoso di quanto stabilito nel decreto ministeriale e negli accordi locali.

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