Gestione Affitti

Caos per agenzie e portali

di Francesca Milano

Sarà ricordata come l’estate del boom delle case-vacanza, ma sopratutto come l’estate della tassa sugli affitti turistici. Entrata in vigore a stagione già iniziata, la cedolare secca del 21% sulle locazioni estive ha creato scompiglio tra i proprietari delle case e i gestori dei portali web e delle agenzie immobiliari. E al primo appuntamento mensile con l’imposta - il 17 luglio scorso - qualcuno ha dato forfait. È il caso di Airbnb, di Homeaway e della Fiaip, la Federazione italiana agenti immobiliari professionali, che non hanno versato l’imposta relativa agli affitti di giugno perché «continuiamo a trovarci nell’impossibilità tecnica di adeguarci a quanto previsto dalla manovrina perché l’agenzia delle Entrate non ha fornito indicazioni pratiche sostanziali», hanno spiegato in una nota congiunta.

Da Airbnb aggiungono che è complicato riuscire a adempiere a questo obbligo visti i tempi strettissimi: «Abbiamo in Italia oltre 120mila host ma la cedolare si applica solo alle persone fisiche al di fuori dell’esercizio dell’attività di impresa, con necessità quindi di una verifica caso per caso da parte di Airbnb: dobbiamo contattare i singoli host per capire qual è la loro posizione fiscale».

Il problema, però, è che le Entrate prevedono sanzioni per gli intermediari che non hanno effettuato i versamenti il 17 luglio (si veda l’articolo in basso). In questa guerra estiva tra fisco e intermediari fa da paciere il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, che ha chiesto all’Agenzia una soluzione tecnica condivisa di ravvedimento per gli operatori che non hanno rispettato la scadenza di luglio. Si tratta della maggioranza degli intermediari, ma non di tutti: Property Managers Italia (associazione nazionale di categoria dei professionisti delle locazioni brevi e della ricettività extra-alberghiera) ha rispettato le regole. «In vista del d-day del 17 luglio - spiega il presidente Stefano Bettanin - dall’1 giugno abbiamo trattenuto la cedolare secca e l’abbiamo girata al fisco». La cosiddetta “tassa Airbnb” ha innescato anche una serie di polemiche “collaterali”: gli agenti immobiliari della Fimaa (Federazione italiana mediatori agenti d’affari), per esempio, lamentano che il decreto legge 50 «abbia legittimato un’attività economica abusiva» trasformando i portali Internet in intermediari immobiliari «in spregio della legge 39/1989».

Secondo la Fimaa permettere a soggetti come Airbnb di «svolgere un’attività economica senza possedere i requisiti previsti dalla legge soltanto per l’interesse di inquadrarli come sostituti d’imposta significa non voler considerare la professionalità, i costi e i sacrifici economici di una intera categoria professionale che conta più di 50mila imprese della mediazione immobiliare». Anche Federalberghi è intervenuta sul tema: «La posizione dei portali che si rifiutano di applicare le leggi in materia di tassazione degli affitti è inqualificabile e inammissibile; fa sorridere la circostanza che i colossi del web non riescano a calcolare il 21% di quanto incassato. In fin dei conti si tratta della stessa formula matematica che utilizzano per calcolare le commissioni di loro spettanza».

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