Gestione Affitti

Affittare in nero a un clandestino è reato anche se il canone è corretto

di Paolo Accoti

Anche l’affitto “in nero” ai clandestini integra il reato di favoreggiamento dell’immigrazione. Per la Cassazione (sentenza 32391/2017) è punibile anche la locazione a prezzi di mercato ma, tuttavia, senza regolare contratto, per la quale l’illegittimo profitto risiederebbe nella possibilità del locatore di evadere le tasse.

Per la sussistenza del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con cessione dell’immobile, previsto e punito dall’articolo 12, comma 5 bis del Dlgs 286/1998 («Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni»), è necessario l’ingiusto profitto, che può desumersi anche dalle condizioni contrattuali oggettivamente più vantaggiose per il proprietario dell’immobile.

In altri termini, non è essenziale lo sfruttamento della sfavorevole condizione dell’immigrato essendo sufficiente che l’illegale condizione dello straniero abbia reso possibile o anche solo agevolato la stipula di un contratto di locazione a condizioni concretamente più vantaggiose per il locatore. Come, appunto, l’evasione fiscale conseguente alla mancanza di un regolare contratto, cone ha detto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 32391, pubblicata in data 5 luglio 2017.

La vicenda traeva origine dall’esposto dell’amministratore di condominio, insospettito dal continuo via vai di donne ed uomini all’interno dello stabile dallo stesso amministrato.

La Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, assolveva il locatore dal reato per aver dato alloggio, a titolo oneroso, a stranieri privi di permesso di soggiorno, perché «non era stata raggiunta la prova del dolo specifico di volere trarre profitto dalla condizione di clandestinità degli inquilini, e ciò perché non poteva parlarsi di canone di locazione esorbitante rispetto a quello normalmente praticato; veniva ritenuto equo un canone di 700,00/800,00 euro e quello riscontrato nel processo era comprensivo di ogni spesa, per cui non veniva considerato esorbitante», con ciò rilevando come la locazione di immobili a stranieri irregolari non era di per sé reato.

La Corte di Cassazione, cassando con rinvio, richiama però il suo orientamento, per cui «per la sussistenza del reato previsto dall’art. 12, comma 5 bis, D.Lgs. n. 286 del 1998 (...), è richiesto il fine di trarre un ingiusto profitto dalla locazione ovvero dal dare alloggio ad uno straniero privo di titolo di soggiorno, fine che può essere desunto da condizioni contrattuali oggettivamente più vantaggiose per l’agente, ma che non devono necessariamente tradursi in un sinallagma eccessivamente gravoso per lo straniero (Sez. 3, n° 17117 del 20.01.2015, Rv. 263232)».

Pertanto, non risulta «necessario che il profitto abbia anche la sua esclusiva causa nell’odioso sfruttamento di tale condizione ad esclusivo vantaggio del contraente più forte in grado di imporre condizioni gravose ed esorbitanti, ma è sufficiente che la illegalità della condizione della persona straniera abbia reso possibile o anche solo agevolato la conclusione del contratto a condizioni oggettivamente più vantaggiose per la parte più forte, condizioni che non necessariamente si devono tradurre in un sinallagma eccessivamente gravoso per il soggetto clandestino (...)».

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