Gestione Affitti

L’affitto salta solo per ritardi gravi

di Antonino Porracciolo

Il ritardo del conduttore nel pagamento dei canoni giustifica la risoluzione del contratto di locazione di immobile per uso commerciale solo se l’interesse del locatore sia stato compromesso in modo rilevante. È quanto emerge da una sentenza del Tribunale di Torino (giudice Ivana Peila) dello scorso 16 marzo.

La controversia scaturisce da un’intimazione di sfratto per morosità, relativa a un contratto di locazione di bene adibito a uso commerciale. Poiché il conduttore, dopo la notifica dell’intimazione, aveva pagato il debito, il giudice aveva disposto il mutamento di rito per decidere se la precedente morosità giustificasse la risoluzione del contratto per inadempimento. Si trattava, in particolare, di valutare la condotta del conduttore in base al criterio stabilito dall’articolo 1455 del Codice civile, per il quale «il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra».

Sul punto, il tribunale osserva che, nelle cause di risoluzione per morosità dei contratti di locazione di immobili destinati a uso commerciale, il giudice deve apprezzare la gravità dell’inadempimento anche in base al comportamento del conduttore successivo alla proposizione della domanda. Infatti - prosegue il tribunale, citando la sentenza 20551/2014 della Cassazione -, il pagamento, dopo l’instaurazione del giudizio, della somma richiesta può incidere sulla valutazione del futuro comportamento del conduttore. Resta fermo, comunque, che il pagamento di quanto dovuto dopo la presentazione della domanda di risoluzione («insita nell’intimazione di sfratto») non blocca il dovere del giudice di accertare la «gravità del pregresso inadempimento nell’ambito del giudizio ordinario», che a questo fine prosegue dopo il pagamento dei canoni scaduti.

Inoltre, la gravità dell’inadempimento va giudicata non in base all’entità del danno («che potrebbe anche mancare»), bensì «alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell’altra parte all’esatta e tempestiva prestazione».

È dunque necessario accertare la gravità in concreto dell’inadempimento, e «cioè - si legge nella sentenza - l’idoneità dello stesso a ledere in modo rilevante l’interesse contrattuale del locatore, a sconvolgere l’intera economia del rapporto e a determinare un notevole ostacolo alla prosecuzione del medesimo».

Nel caso in esame, il ritardo nei pagamenti si era manifestato dal mese di dicembre 2015, «dopo oltre sette anni di regolare esecuzione del contratto»; peraltro, l’importo versato dopo la scadenza era complessivamente inferiore al 4% della somma totale dei canoni incassati negli anni. Inoltre, dal 2016 i versamenti erano ripresi con regolarità, il che, secondo il giudice, consente dunque di «escludere, in termini di rilevante probabilità, il possibile verificarsi di ulteriori ritardi nei pagamenti». Né, comunque, il locatore aveva allegato l’esistenza di un danno dovuto al ritardo nei pagamenti.

Per questi motivi, il tribunale ha respinto la richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore. Le spese del giudizio, liquidate in 3.600 euro, sono state quindi poste a carico del locatore.

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