Gestione Affitti

Locazioni commerciali, abrogato il divieto di arbitrato

di Francesco Machina Grifeo

Con una ordinanza che potrà avere importanti conseguenze sugli investimenti esteri in Italia, le Sezioni unite sdoganano l'arbitrato anche per le locazioni commerciali. In particolare, la Cassazione ha stabilito che il divieto posto dall'articolo 54 della legge 392/1978 per le controversie che riguardano la determinazione del canone nelle «locazioni ad uso non abitativo» deve ritenersi abrogato. La Suprema corte (ordinanza n. 14861/2017) ha così respinto il ricorso di uno dei principali operatori turistici a livello internazionale contro la società proprietaria di un ampio compendio immobiliare destinato ad attività alberghiera e concesso in locazione ultraventennale dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano e riconoscendo la validità della clausola arbitrale.
Nel 2016 il tour operator Club Med si era rivolto a un Tribunale italiano per sentir dichiarare la nullità del contratto di locazione nella parte in cui prevedeva l'aggiornamento annuale del canone secondo regole diverse da quelle poste dalla legge 392/1978 (aggancio all'indice Istat). A questo punto il locatore (assistito dallo Studio De Berti Jacchia Franchini Forlani) ha sollevato il difetto di giurisdizione richiamando l'articolo 30 del contratto di locazione secondo cui le controversie andavano risolte in base al regolamento di arbitrato della Camera di commercio internazionale, individuando come sede Parigi e come lingua il francese. In pendenza del giudizio, Club Med ha sollevato ricorso preventivo per regolamento di giurisdizione in Cassazione, richiamando l'articolo 54 della legge sulle locazioni del '78 secondo cui è «nulla la clausola con la quale le controversie relative alla determinazione del canone siano decise da arbitri».
Considerato che la legge 431/1998 l'ha abrogato per le locazioni non commerciali, la Cassazione si è domandata se tale articolo fosse ancora in vigore per le «locazioni ad uso diverso». Trovando che il testo della norma consente entrambe le interpretazioni, a seconda che l'inciso - «limitatamente alle locazioni abitative» - che segue l'abrogazione di una serie di articoli, si intenda riferito al complesso delle disposizioni o soltanto all'ultima di esse.
Quando ciò accade, proseguono le sezioni U nite, il giudice ha il «dovere» di seguire l'interpretazione che consente di «armonizzare le due distinte sfere della legalità, la legalità legale e la legalità costituzionale». E in questo caso, «il paradigma dell'interpretazione conforme a Costituzione impone di propendere per l'interpretazione estensiva, che vuole abrogato l'art. 54 della legge n. 392 del 1978 nella sua interezza e con riguardo all'intero suo raggio di operatività, con il conseguente venir meno, anche nella locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello di abitazione, del divieto della clausola di deferimento ad arbitri delle controversie relative alla determinazione del canone».
Del resto, prosegue la Corte, «nella impostazione originaria, la previsione della nullità della clausola compromissoria esprimeva l'esigenza di tutelare il contraente più debole contro l'eventuale imposizione, da parte di quello più forte, di clausole contrattuali volte a sottrarre le future controversie relative alla determinazione del canone alla giurisdizione ordinaria e alle relative garanzie». Con il superamento dell'equo canone il legislatore ha ritenuto cessata la ratio che assisteva il divieto, concedendo alle parti la possibilità di «devolvere ad arbitri la decisione della controversia sul canone». Per cui «sarebbe irragionevole per sopravvenuta dissimmetria, contrastante con l'art. 3 Cost., continuare ad escludere il ricorso alla giustizia arbitrale per le locazioni ad uso diverso dall'abitazione, dove il conduttore è un imprenditore o un professionista, dunque un soggetto normalmente meno bisognoso di tutela rispetto al conduttore nelle locazioni ad uso di abitazione».

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