Gestione Affitti

Concordato, la crisi dà una mano alle vecchie intese

di Valeria Uva

Da quando, nel 2014, la tassa piatta sugli affitti a canone concordato è scesa al 10% l’attrattività di questo canale è aumentata. E i dati del Rapporto immobiliare 2017 cominciano a dimostrarlo. Se nel 2015 i nuovi contratti concordati registrati alle Entrate superavano di poco le 165mila unità (con la tassa “piattissima” in vigore già da un anno), nel 2016 si è arrivati a quota 191mila (+15%). Ma a pesare sulle scelte dei proprietari è anche il fattore tempo.

Spesso decisivo, ad esempio, è l’aggiornamento dell’accordo territoriale tra associazioni di proprietari e inquilini, che fissa i livelli minimi e massimi degli affitti calmierati: più l’accordo è datato, più il canone concordato rischia di essere non aggiornato alle dinamiche di mercato. Nel Rapporto una conferma in questo senso arriva da Napoli, che ha rivisto i valori a giugno 2015, dopo molti anni. In città, pur restando relativamente basso, il numero dei nuovi concordati è raddoppiato: dai 1.433 del 2015 ai 2.734 del 2016, accompagnato da un aumento del 6% dei canoni medi.

A Milano, invece, il rinnovo – sempre a giugno 2015 – non ha avuto un impatto forte, nonostante il vecchio accordo risalisse al 1999. Secondo il Rapporto delle Entrate anche nel 2016 solo lo il 4,2% dei nuovi contratti abitativi è stato siglato con questa formula e oltre il 75% a canone libero. A spiegarlo è anche l’ampio divario tra le due soluzioni: il canone agevolato è il 34% più basso della media di mercato, pari a 819 euro. Man mano che ci si allontana dalle grandi città, però, il ragionamento tiene meno: qui negli anni della crisi immobiliare i canoni liberi hanno perso anche il 20-30% del valore, con il risultato che la forbice con quelli moderati, pur se risalenti nel tempo, si è di fatto ristretta.

Sempre per il fattore tempo, i proprietari che vogliono recuperare prima l’alloggio potrebbero preferire il canale concordato che di base dura cinque anni (3+2), contro gli otto dell’ordinario (4+4). Fattore tempo anche per la tassa super-piatta: la cedolare secca al 10% è confermata solo fino a fine anno, dopodiché – salvo proroghe, già chieste delle sigle della proprietà edilizia – si tornerà all’aliquota al 15%, troppo vicina a quella del 21% per spingere davvero gli affitti calmierati.

C’è poi lo sconto Imu e Tasi del 25% per i canoni concordati, introdotto dal 2016, che vale in tutti i Comuni italiani, compresi quelli che non sono ad alta tensione abitativa e per i quali bisogna riferirsi all’intesa territoriale del Comune «omogeneo» per popolazione più vicino. Allo sconto nazionale si possono poi aggiungere quelli comunali: a Milano, Napoli e Bologna, ad esempio, sono previste aliquote Imu agevolate per gli alloggi affittati a canone ridotto.

Solo nei prossimi anni, infine, si potrà misurare in tutta Italia l’effetto delle nuove regole per il rinnovo degli accordi territoriali – contenute nel Dm 16 gennaio 2017 – che facilitano il ricorso ai contratti transitori e aggiornano alcuni parametri (ad esempio prevedendo canoni più alti per gli immobili ad alta efficienza energetica).

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