Gestione Affitti

Interessi legali sulle affitti non dovuti, la decorrenza dipende dalla buona fede

di Giampaolo Piagnerelli

Il conduttore che intende far valere in giudizio il pagamento di canoni di importo superiore a quelli concordati con la parte locatrice è tenuto a dimostrare con ogni mezzo e prova la data di inizio del contratto intervenuto tra le parti: E per quanto riguarda gli interessi legali sulle somme indebite, questi sono dovuti a partire d amomenti diversi a seconda se sia provata o meno la buona fede del locatore. Questi i princìpi stabiliti dalla Cassazione con la sentenza 11 gennaio 2017 n. 411. La Corte si è trovata alle prese con una vicenda piuttosto complessa.


La vicenda
Alla base dei fatti un ricorso effettuato dal conduttore contro il locatore per vedersi riconosciuta l'intera somma versata in eccesso e non solo una parte come accordata dalla Corte d'appello. L'inquilino, infatti, con ricorso del 15 novembre 2004 chiedeva che il Tribunale di Milano dichiarasse che il rapporto di locazione di immobile a uso abitativo da lui instaurato quale conduttore con il locatore fosse soggetto alla disciplina normativa della legge n. 392/1978 in quanto stipulato il 5 marzo 1988. In seconda battuta chiedeva che fosse accertata la misura del canone dovuto e, infine, la condanna per i locatori in solido alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite, pari a circa 38mila euro o comunque a quella diversa somma che sarebbe risultata dovuta, oltre agli interessi legali. Instaurato il contraddittorio si costituivano i locatori e, premesso che l'immobile era stato consegnato al ricorrente nel 1988 a titolo di comodato e che soltanto nel 1994 era stato siglato un contratto verbale secondo il modello dei “cosiddetti patti in deroga”, deducevano che il rapporto di locazione non era soggetto alla disciplina sull'equo canone e chiedevano il rigetto della domanda. Disposta una Ctu, i giudici di primo grado hanno respinto la richiesta del conduttore ricorrente con compensazione delle spese.


La sentenza di secondo grado
Di segno diverso, invece, la decisione 23 gennaio 2013 con cui la Corte d'Appello di Milano ha accolto parzialmente il gravame proposto dall'ex inquilino e ha condannato i due locatori in solido a una cifra superiore ai 18mila euro. I giudici di seconde cure, infatti, hanno ritenuto che la cifra da corrispondere al conduttore dovesse essere ridimensionata perché aveva dimostrato di avere corrisposto somme in misura maggiore rispetto a quella dovuta a titolo di equo canone soltanto per il periodo 1994-2004 e non anche per gli anni precedenti. La Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado ritenendo, peraltro, che l'azione del conduttore che agisce per la ripetizione delle somme che ritiene di avere versato oltre la misura legale del canone rappresenti una particolare azione di ripetizione di indebito.


Conclusioni
Per concludere la prova del fatto costitutivo consistente nel pagamento di somme in misura superiore al dovuto spetta all'attore. E Il conduttore “deve fornire la prova, anche presuntiva, dei versamenti effettivamente compiuti, non essendo sufficiente la previsione contenuta nel contratto della misura del canone eccedente quella legale”. I giudici di appello - si legge nella sentenza - non hanno perciò violato le norme ex articolo 2697 del codice civile (“Onere della prova”) quando, ritenendo non raggiunta la prova, hanno concluso per il rigetto della domanda di restituzione per il periodo 1988-1994.
Infine, sulla richiesta di corrispodere gli interessi legali sulle somme indebite, la Cassazione ha precisato che se il conduttore ha pagato un canone maggiore rispetto a quello consentito dalla legge, per la restituzione vale la regola generale in base alla quale gli interessi delle somme da restituire decorrono dalla domanda giudiziale se chi le ha ricevute era in buona fede e da quello del pagamento se era in malafede.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©