Gestione Affitti

Lavori di ristrutturazione, nessun rimborso all’inquilino se il contratto lo esclude

di Francesco Machina Grifeo

In una locazione non abitativa, il conduttore non può chiedere la ripetizione delle spese sostenute per interventi strutturali sull'immobile, anche se ritenuti urgenti per la staticità del fabbricato, se le clausole contrattuali escludono espressamente ogni diritto al rimborso. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 26 maggio 2016 n. 10896, rigettando il ricorso di una Srl subentrata nel contratto originario.
La società aveva chiesto il rimborso delle «ingenti spese» sostenute per «per vizi occulti» di un immobile a Pavia, ed anche il risarcimento del danno per la mancata disponibilità dei locali durante i lavori. La Corte di appello, però, ha escluso, «in base al tenore testuale delle clausole contrattuali, ogni diritto al rimborso di spese per modificazioni anche murarie o miglioramenti che sarebbero rimasti tutti in proprietà dei locatori». La ricorrente al contrario sosteneva che «in quanto cessionaria del contratto originario, avrebbe dovuto rilevare la sua diversa volontà» e che comunque «si trattava di spese indotte da vizi occulti». I locatori, dal canto loro, contestavano «l'ammissibilità di prove testimoniali su patti aggiunti o successivi a contratti scritti» e comunque la loro «non rispondenza al vero».
Una tesi condivisa dalla Suprema corte secondo cui «non una delle prove testimoniali in base alle quali si vorrebbe provare un nuovo patto - di contenuto anche contrario a quello desumibile dal contratto ed individuato dalla corte territoriale nel senso di escludere il rimborso di qualunque intervento sulle strutture del bene locato da parte del conduttore - risulta assistita dalla trascrizione dei relativi capitoli nel ricorso» , né tale lacuna è emendabile. Inoltre, il fatto che il ricorrente sia subentrato nell'originario contratto non riveste la «minima rilevanza», se non quando la cessione «abbia coinvolto tutti e tre i soggetti (cedente, ceduto e cessionario) con esplicita riconsiderazione di quello originario». Infatti, per principio generale, ciò che rileva è la volontà dei contraenti.
Né, prosegue la Corte, la dedotta «sopravvenuta» situazione di «precarietà statica (“rischio di collasso strutturale”) dell'immobile» incide sulla volontà originariamente espressa, «potendo solo - a tutto concedere - dar luogo a modificazioni dell'operatività del sinallagma in ordine a precisi obblighi delle parti», ma senza condurre ad un cambio interpretativo dell'accordo. Al più, infatti, poteva legittimare le «azioni specifiche» previste dalla disciplina sulle locazioni ma non «l'unilaterale violazione» delle clausole contrattuali.
Del resto, conclude la sentenza, l'interpretazione del contratto spetta al giudice di merito e le clausole in questione scritte «forse in modo atecnico» ma non «meno chiaro» sono «evidentemente (soprattutto quando si riferiscono alle “modificazioni”) intese a ricondurre qualsiasi intervento sulla struttura all'accollo integrale delle relative spese al conduttore». Mentre il richiamo alle autorizzazioni ed alle concessioni è evidentemente marginale, «riferendosi alla necessità del loro previo conseguimento a scanso di responsabilità dei proprietari».

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