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Boom di separazioni nel post emergenza: che fine fa la casa coniugale?

Le intese andrebbero raggiunte ancor prima di sposarsi perchè dopo la gestione diventa complessa

di Avv. Luca Capodiferro - Coordinatore nazionale Centro studi giuridici Confabitare

Tra i tanti problemi che il «lockdown» dovuto al Coronavirus ha causato, oltre a quelli economici, sembra esserci anche quello dell'aumento dei casi di separazione dei coniugi. Del resto si sa, l'eccessiva convivenza continuativa e forzata sotto lo stesso tetto non sempre porta gioie ma, in molti casi, parecchi dolori. Se saranno separazioni consensuali o meno lo vedremo nei prossimi mesi. Quello che, però, andrebbe visto da subito, forse anche prima di decidere di separarsi, è il problema dell'assegnazione della casa coniugale. Perché in realtà quello della casa in cui i coniugi andranno a vivere, a volerla dire tutta, è questione che andrebbe vista e, soprattutto, valutata prima di sposarsi. Ma quanti sono realmente così saggi e freddi da farlo?

La casa coniugale
Intanto cerchiamo di capire cos'è esattamente la casa coniugale:molto semplicemente è il luogo (casa o appartamento che sia) nel quale i coniugi (o, forse, già i fidanzati) hanno stabilito di andare a vivere insieme. In pratica la dimora abituale della famiglia. Non ha rilevanza, invece, che tutti i membri della stessa abbiano in questa casa la loro residenza, questo perché ciò che rileva è la quotidianità della vita domestica dei coniugi e, se ci sono, dei figli. Non l'aspetto meramente amministrativo.

La separazione
Con la separazione viene meno l'obbligo della coabitazione e inizia il problema (quando non la guerra) relativo all'assegnazione della casa orami ex coniugale. Tematica particolarmente complessa laddove i coniugi siano particolarmente inclini alla lite ovvero vi siano figli, soprattutto se piccoli. A rincarare la dose, qualora ve ne fosse bisogno, v'è il problema di assegnare la casa quando questa, però, è di proprietà di uno solo dei coniugi o, magari, dei suoi genitori.

Contrariamente a quanto possano pensare i coniugi, lo scopo dell'assegnazione non è fare un torto all'altro ma è quello di assicurare la tutela dei figli, minori o maggiorenni non autosufficienti, evitandogli se possibile anche il trauma di un allontanamento dalla casa in cui sono abituati a vivere. Nel caso in cui non vi fossero figli le cose cambiano dato che, salvo ipotesi molto particolari, la casa il giudice l'assegna al coniuge che ne sia proprietario (o i cui genitori lo sono). In questo caso l'eventuale «debolezza economica» dell'altro coniuge verrebbe compensata attraverso il mantenimento, ma non necessariamente con l'assegnazione della casa

La casa di proprietà di entrambi
Se, invece, la casa fosse di proprietà di entrambi i coniugi le cose saranno solo leggermente più complesse e, in alcuni casi, più delicate, soprattutto se gravata da mutuo. Saranno in questo caso necessarie trattative serie per la gestione delle condizioni economiche della separazione.

Ripartizione spese
Ma se la casa è di uno dei coniugi e il giudice l'assegna all'altro, le spese e tasse chi le paga?Intanto va detto che il provvedimento di assegnazione autorizza il coniuge ad abitarvi a titolo gratuito, ma non comporta l'esonero dal pagamento delle spese connesse all'uso. Quindi, salvo sempre la possibilità che i coniugi prendano particolari accordi, le imposte e tasse relative alla proprietà, le spese straordinarie (anche condominiali) e le rate del mutuo (nel caso di comproprietà la cosa va, però, gestita molto bene per evitare problemi) graveranno sul coniuge-proprietario, mentre le spese per imposte e le spese relative all'uso e/o condominiali (quindi quelle ordinarie) faranno capo al coniuge assegnatario.

Esempi concreti
Vi possono essere, però, molti casi particolari che andranno affrontati con competenza e serietà. Vediamone qualcuno.Può succedere che la casa coniugale sia particolarmente grande o, magari, abbia diverse unità facilmente divisibili. In casi simili il tribunale può decidere di disporre anche un'assegnazione parziale, consentendo al genitore non collocatario di continuare a vivere in una porzione della casa e, in questo modo, di stare vicino ai figli. A patto, però, che tra i coniugi non vi sia una particolare conflittualità.

Un altro caso particolare, oggi sempre meno ipotetico, è quello che riguarda i figli: questi devono essere figli di entrambi i coniugi, a prescindere dalla questione della proprietà dell'abitazione. Questo perché, deve escludersi il diritto all'assegnazione della casa al coniuge convivente con un figlio che non sia figlio anche dell'altro coniuge.

E se la casa è di proprietà di terzi, magari i genitori di uno dei coniugi?Di solito la casa verrà concessa in comodato gratuito dal terzo e, nel caso i coniugi si separino, l'assegnazione verrà «imposta» dal giudice al comodante attraverso la continuazione del rapporto contrattuale a favore del coniuge assegnatario. Questo perché la destinazione a casa familiare, che è poi la causa del comodato, costituisce una sorta di vincolo di destinazione dell'immobile alle esigenze della famiglia stessa e, quindi, il termine di durata del contratto è da considerarsi collegato all'interesse dei figli.

In conclusione possiamo dire che la cosa migliore che i coniugi, fin da quando sono fidanzati, possono fare è quello di pensare in anticipo a come gestire la casa coniugale, magari consultandosi con associazioni come Confabitare. Ovviamente a patto che non decidano, a volte saggiamente, di andare in affitto per qualche tempo. Magari anche solo come «periodo di rodaggio».